Nella centralissima Piazza omonima dietro il Pantheon, vi è la Basilica
di Santa Maria sopra Minerva, dal 1566 una basilica minore con titolo cardinalizio. Già
nel sec. VIII esisteva unantico oratorio dedicato alla Vergine, che papa Zaccaria
nel 750 aveva concesso a monache basiliane fuggite dallOriente, a cui fin
dallVIII sec. fu aggiunto il toponimo di Minervum. Laggiunta era dovuta al
fatto che loratorio sorgeva nei pressi del tempio di Minerva Chalcidica. In realtà
su tutta larea attualmente occupata dalla basilica di Santa Maria sopra Minerva e
dellannesso ex-convento, sorgevano tre templi dellantica Roma: il Minervium,
di origine domizianea eretto in onore di Minerva Calcidica, lIsèum dedicato a
Iside, e il Serapèum dedicato a Serapide. Il primo documento del passaggio
delloratorio ai frati predicatori è del 1266; nel 1275 ne ottennero il possesso
effettivo per interessamento del loro confratello fra Aldobrandino Cavalcanti, vescovo di
Orvieto e vicario del papa a Roma.
Divenuta sede dei Domenicani fra il 1266 e il 1275, la Basilica sorse accanto un vasto
convento (casa "professa"), che si estese nel tempo fino a via del Seminario e a
San Macuto. Del convento, divenuto nel XVII secolo sede dell'Inquisizione romana o
Sant'Uffizio (vi fu celebrato nel 1633 il processo a Galileo Galilei e pronunciata la sua
abiura), rimane oggi ai Domenicani poco più del chiostro (peraltro largamente rifatto):
espropriato dallo Stato unitario, divenne nel 1870 sede del Ministero della Pubblica
Istruzione e poi del Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni. Vi si trova, oggi,
la biblioteca del Senato, dedicata a Giovanni Spadolini.
Nel 1280, sotto il pontificato di Niccolò III, l'oratorio fu costruito ex novo ed ebbe
inizio la costruzione della grandiosa chiesa gotica a tre navate, probabilmente su disegno
dei domenicani Fra Sisto Fiorentino e Fra Ristoro da Campi. Bonifacio VIII fu il
propulsore del progetto, quando nel 1295 elargì una ingente somma di denaro. Molti fedeli
seguirono lesempio. Anche dopo il trasferimento del papato ad Avignone la
costruzione della basilica proseguì. Verso la metà del XIV sec. fu aperta al culto, dopo
il completatamento della zona absidale, della crociera e delle navate laterali con
copertura a capriate visibili. Importanti rifiniture, tra cui la sistemazione della
facciata e il rafforzamento della navata laterale destra, furono finanziate dal conte
Orsini nel 1453. Quasi contemporaneamente il cardinale domenicano Giovanni Torquemada, zio
del celebre inquisitore, fece erigere la navata centrale. Le difficoltà di finanziamento
dei lavori e la riduzione di altezza delledificio, dovuta alla sostituzione della
copertura a capriate visibili con le volte, ridussero lo slancio tipico dello stile
gotico. Nella meta del XVII secolo, Vincenzo Giustiniani, generale dei Domenicani
ingrandisce la Chiesa con il rifacimento delle cappelle del transetto, alla costruzione o
ricostruzione delle laterali, alla riduzione a tutto sesto degli archi delle navate
mediante soprastrutture in legno e stucchi, la chiesa assunse un aspetto prevalentemente
barocco. Nel secolo XVIII, la decorazione della facciata rimasta in nudi mattoni fino al
1725 fu resa più decorosa dallimpegno di Benedetto XIII e dai progetti degli
architetti Raguzzini e Marchionni che accentuarono il carattere barocco di tutto
l'edificio. Nel 1824 larchitetto domenicano fra Girolamo Bianchedi ricondusse
ledificio a linee più essenziali eliminando le impalcature barocche dalle arcate
laterali. Ma dopo la sua morte i lavori che seguirono furono di segno opposto. I
rivestimenti in finto marmo dei pilastri e delle colonne e le decorazioni pittoriche delle
pareti e delle volte erano visibilmente in contrasto con la semplicità delle linee
architettoniche. Sebbene laspetto delledificio porti i segni visibili di
tortuose vicende storiche, la basilica è lunico esempio di chiesa gotico medievale
nella città di Roma. In Santa Maria sopra Minerva sono contenute le tombe di Santa
Caterina da Siena <../ordine/seplocro_top.htm>, Patrona primaria dItalia e del pittore fra Giovanni da Fiesole,
il Beato Angelico, nel 1984 dichiarato da Giovanni Paolo II "Patrono Universale degli
Artisti".
Il Chiostro fu rimordernato e abbellito dal Cardinale Vincenzo Giustiniani che pose negli
angoli opposti dall'ingresso lo stemma di famiglia
La Cappella dei Giustiniani
Posta nella navata di sinistra è dedicata a San Vincenzo Ferreri, Santo
"protettore" dei Giustiniani, costruita da Vincenzo Giustiniani, generale dei
domenicani nel 1600, sull'altare maggiore la tela di Bernardo Castello (1584 circa),
pittore Genovese raffigurante S.Vincenzo Ferreri al Concilio di Costanza che arringa il
papa e l'imperatore, tra le figure si riconoscono sulla sinistra lo stesso Cardinale
Vincenzo Giustiniani sia giovane che anziano (il primo e l'ultimo sulla sinistra) tra il
clero e Giuseppe Giustiniani suo cognato e padre di Vincenzo e Benedetto collezionisti e
mecenati il primo sulla destra tra i nobili.
La mensa, con cornice modanata e iscrizione in alto, ha il paliotto con decorazione a tarsia. Ai lati, su plinti arretrati a parete, sono gli stemmi del committente. Il dossale è delimitato da colonne corinzie su basi, e, dietro queste, da lesene corinzie.
Trabeazione e timpano triangolare spezzato, sormontato ai lati da due vasi ardenti. All'interno del timpano è una testina d'angelo. Sulla destra il monumento funebre in marmi policromi di Giuseppe Giustiniani (1600), sulla
sinistra quello del cardinale Vincenzo Giustiniani (1582).
Come riporta Paolo Mancini, uomo di grande cultura, dotato di un profondo amore per Roma,
frequentatore assiduo di biblioteche, musei, appassionato d'arte, nella copia del Diario
del Chracas su cui ne trasse un memoriale
a suo uso, nel 1727 (riferimento: 2/8 n. 1558 - p.2) La S. di N. S. sabbato mattina
(26/7) nella chiesa di S. Maria s. Minerva consagrò l'altare di S. Vincenzo Ferrerio
dell'Ecc.ma Casa Giustiniani collocando in esso le reliquie de Ss. Mm. Chiaro ed Amando.
Sulla sinistra il monumento funebre al Cardinale Vincenzo Giustiniani (al centro nella foto sopra)
nella scritta "D.O.M./ FR. VINC. IVSTINIANO GENVEN. XXXVIII/ AETATIS
SVAE. ANNO. ELECTO. GENERAL/ ORD. PRED. DEIN. LI.IN.
NVMERVM/ S.R.E. CARD. ASSVMPTO. OBIIT. XXVIII. OCTOB./
ANN. SALVT. M.DLXXXII./ VIXIT. ANN. LXIII. MENS.II/
PETRVS. IOSEPH. ET GREGORIVS FRATRES POS". Il monumento è posto su alto zoccolo, un basamento sostiene il sarcofago. Il basamento è delimitato da lesene ai lati e semplici cornici modanate in alto e in basso; nel fronte è l'iscrizione entro una lastra rettangolare, soprastante un motivo di due drappi e una conchiglia. Sul basamento è un sarcofago su zampe leonine tra le quali è un rilievo con testa d'angelo tra due festoni; ha coperchio a doppia voluta e motivo centrale con un teschio e una croce apicale. Sulla parete soprastante è un dossale a edicola: ai lati, due colonnine corinzie, in alto trabeazione con fregio a rlievo e timpano curvilineo spezzato, con vasi ardenti sugli spioventi e stemma in alto. All'interno è un riquadro contenente il ritratto del defunto entro cornice mistilinea a rilievo
Sulla destra il monumento funebre a Giuseppe Giustiniani (a sinistra nella foto sopra),
sul basamento la scritta: "BENEDICTVS S.R.E CARD.ET. VINCENTIVS FILII/ PATRI OPTIME MERITO IVXTA VXORE HIERONIMAM/ VINCENTII ALTERIVS CARDINALIS SOROREM/ POSVERE/ M.D.C". Il monumento sepolcrale è posto su alto zoccolo, basamento a tarsie, la cui parte centrale è avanzata rispetto alla parete. Ai lati, su plinti, sono gli stemmi, nella parte centrale è un'iscrizione tra due specchiature rettangolari verticali. Questa funge da basamento per un sarcofago su zampe leonine sormontate da mascheroni fra volute, con un coperchio a doppia voluta con testa d'angelo al centro. Sopra al sarcofago una sorta di dossale a edicola racchiuso da lesene ioniche sovrapposte a scalare, e concluso da timpano triangolare interrotto al centro in basso, con croce apicale; all'interno, è un'iscrizione sormontata dal ritratto del defunto entro cornice mistilinea a rilievo ornata da teste di rapaci, mascherone (in basso), testa d'angelo (in alto). Le due ali laterali, arretrate a parete, sono delimitate da due lesene con facce a tarsie, poste al di sopra dei plinti laterali, e sono raccordate all'edicola centrale con due grandi volute terminate da mascherone,
sorreggenti due vasi ardenti.
Sono anche sepolti nella Cappella Francesco, nato a Chio intorno al 1570 e morto a a Roma
il 14 settembre 1601, studioso di lettere e filosofia presso il Collegio romano divenendo
illustre filosofo e matematico; il Cardinale Benedetto Giustiniani nato a Chios, Tesoriere
della Chiesa da Sisto V, cardinale diacono, nominato da Sisto V, col titolo di San
Giorgio, poi mutato in quello di Santa Maria in Cosmedin. Fu legato della Marca e
dAscoli sotto i pontificati di Gregorio XIV e Innocenzo IX, inviato in Francia da
Clemente VII e legato di Bologna sotto Paolo V. Morì il 27 marzo 1621 a Roma.
L'ultimo Giustiniani ad esservi tumulato fu Roberto Giustiniani
(1901-1966) ramo Longo originario di Roccapassa nel 1967.
Il cardinale Benedetto Giustiniani ha una lapide nella Cappella Giustiniani e il suo monumento sepolcrale (a destra nella foto in alto) nella Cappella dell'Annunziata (quinta da destra nella parete in fondo) sempre nella stessa chiesa
a cui il cardinale nel suo testamento lasciò un cospicuo lascito.
Il monumento funebre è posto su basamento con specchiature poggia lastra rettangolare con iscrizione. E' chiusa da cornice spezzata e da volute laterali. Due volute anche nella cornice superiore dove una testa d' angelo sostiene festoni floreali. In alto, cornice modanata sostiene specchiatura con stemma a rilievo. Ai lati volute con teste d'angelo. Conclude una cornice che sostiene, entro raccordi a voluta nicchia ovale con motivi di conchiglie e cartocci, entro la quale è il busto del defunto
A terra nella cappella le lapidi (da sinistra): cardinale Benedetto Giustiniani, cardinale Giacomo Giustiniani, Lorenzo Giustiniani (fratello del cardinale e cavaliere professo dell'Ordine di Malta),
Vincenzo VI, ultimo principe Giustiniani (fratello di Giacomo e Lorenzo),
Roberto Giustiniani (Longo) ultimo ad essere tumulato nella cappella nel 1967.
Sito ufficiale di Santa
Maria alla Minerva
Foto della Cappella vedi
anche sul sito dell'Australian
National University .
I cardinali "Giustiniani"
Il Cristo Portacroce di Michelangelo
a destra il Cristo della Minerva a sinistra il Cristo Giustiniani di Bassano
Romano
Nella Basilica è presente il Cristo risorto di Michelangelo commissionato nel 1514 da
Metello Vari, nobile romano, la cui cappella gentilizia e proprio vicina a quella dei
Giustiniani. L'artista aveva da un paio di anni concluso i primi affreschi nella Cappella
Sistina.Proprio recentemente in occasione della Mostra sulla Collezione Giustiniani del
2001, è stato scoperto che il Cristo della Minerva è una "seconda copia", del
Michelangelo. La "prima" attualmente is trova nel Monastero di S.Vincenzo a Bassano Romano
.
Dopo aver lavorato la statua (dal basso verso l'alto come si usava all'epoca) il grande
artista scoprì proprio sul volto una venatura nera ("... reuscendo nel viso un pelo
nero hover linea
", GOTTI [1875], vol. I, p. 143) ed abbandò l'opera che
restituì al committente al prezzo di marmo (per riconoscenza Mello Vari gli regalò un
puledro) che lo collocò nel giardino della propria residenza romana dichiarando di
conservarla "come suo grandissimo onore, come fosse d'oro". , qualche anno dopo
la stauta entrò nel circuito degli antiquari e fu notata da Vincenzo Giustiniani, colto
mecenate e soprattutto attento conoscitore dell'arte che subitò intuì la mano del grande
artista sull'opera incompiuta. Vincenzo fece completare da uno scultore di sua fiducia
(forse uno dei tanti che lavorarono per lui in qualità di restauratori) che ne coperse la
nudità ormai divenuta "oltraggiosa" per i canoni del decorum seicentesco. e la
mise sull'altare maggiore della Chiesa di S.Vincenzo a Bassano.
Il Cristo restò sull'altare maggiore di San Vincenzo fino alla metà degli anni sessanta,
dove fu poi posto in una cappella laterale.
Che il Cristo della Minerva avesse per Vincenzo un significato particolare è dimostrato
da un breve passo del Discorso sopra la scultura, nel quale il marchese paragona l'opera
di Michelangelo al cosiddetto "Adone dei Pichini" (ovvero il Meleagro dei Musei
Vaticani): in questo confronto tra antico e moderno è l'Adone ad affermarsi poiché la
sua bellezza è tale che la statua sembra respirare: "
come si vede in alcune
statue antiche, e particolarmente nell'Adone de' Pichini ch'è una statua in piedi, ma con
tanta proporzione in tutte le parti, e di squisito lavoro, e con tanti segni di vivacità
indicibili, che a rispetto dell'altre opere, questa pare che spiri, e pur è di marmo come
le altre, e particolarmente il Cristo di Michelangelo, che tiene la Croce che si vede
nella chiesa della Minerva, ch'è bellissima, e fatta con industria e diligenza, ma pare
statua mera, non avendo la vivacità e lo spirito che ha l'Adone suddetto, dal che si può
risolvere, che questo particolare consista in grazia conceduta dalla natura, senza che
l'arte vi possa arrivare" (BANTI [1981], p. 70). È davvero interessante, allora,
constatare (come Silvia Danesi Squarzina aveva già suggerito nel 1998) che nel Cristo
Giustiniani, forse completato su indicazione di Vincenzo, la statua presenta,
differentemente da quella della Minerva, la bocca aperta. Poiché il volto del Cristo
appare come una delle parti maggiormente rimaneggiate dell'opera, è assai probabile che
per la sua finitura il marchese abbia fornito delle precise indicazioni.
Michelangelo, abbandonata la prima opera, lavorò su un nuovo blocco e spedì ai suoi
aiutanti romani una statua ancora da completare. Inizialmente vi lavorò Pietro Urbano, ma
la statua successivamente fu più opportunamente completata da Federico Frizzi lasciando
comunque insoddisfatto il grande Michelangelo. La statua risultò comunque gradita al
principale committente (Metello Vari) e la vicenda si concluse. L'opera, come previsto fin
dall'inizio, fu collocata nella Chiesa di S.Maria sopra Minerva. Attualmente è ubicata a
lato dell'altare principale con il volto del Cristo praticamente rivolto in direzione
degli affreschi di Filippino Lippi nella Cappella Carafa . Dopo le vicende
michelangiolesche vi fu posto un panneggio dorato per coprire le nudità.
Il Cristo Portacroce di Bassano
Romano nella descrizione della Collezione Giustiniani
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