Il fedecommesso universale è quello per il quale lerede è
incaricato di restituire ad altri leredità detta fedecommissaria.
Al fedecommesso possono concorrere più fedecommissari ed eredi diretti.
Fin dal diritto Romano abbiamo quattro tipi di fedecommesso:
1) quidquid ex haereditate ad heredem pervenerit
2) portio sua
3) haereditas aut pars
4) quod ex haereditas superfluisset
Il fedecommesso Giustiniani va diviso in due parti: la prima è costituita da beni, che
passano al primogenito e che formano il fedecommesso propriamente detto, e appartiene al
primo tipo; laltra, il Pio legato, di natura anche essa fedecommissoria, appartiene
al quarto tipo e che fu la fonte del fedecommesso mediovale.
Dal fedecommesso di quarto tipo proviene il fedecommesso di famiglia, che si sviluppa
particolarmente nel Rinascimento: in esse vengono al godimento dellasse paterno
tutti, ma solamente quelli che appartengono alla famiglia.
Il fedecommesso fatto a favore di una famiglia non si limita ad una persona privilegiata.
Esistono due distinti forme di famiglia, quella affettiva costituita dalla linea retta del
testatore senza misture trasversali e quella contenitiva costituita da trasversali che
discendono da quel medesimo ed antico stipite e ceppo, che tutti riconoscono come il capo
della famiglia. La famiglia contenitiva è la gens del Diritto Romano.
Il Marchese Vincenzo I Giustiniani nel suo testamento ha presenti le due famiglie: alla
prima formata dal sangue di Andrea Cassano, lascia il fedecommesso del primo tipo; alla
seconda, nella quale entrano i Giustiniani di Genova e Chio, lascia il Pio Legato
conosciuto sotto il nome di moltiplico.
Per questa ultima forma di fedecommesso la disposizione si estendeva a tutta la sua
assegnazione familiae nomen et ipsum universale est plurimo peronarum,
ascendentium, descendentium et transversalium.
Quindi è che, mentre il fedecommesso del primo tipo può essere lasciato alla famiglia di
un estraneo, come avviene nelladozione, quello di quarto tipo non può che essere
lasciato alla famiglia propria.
Il primo serve a mantenere alto economicamente il ramo dei discendenti dal primo
investito, il secondo è istituito a tenere alto moralmente il nome gentilizio del
testatore.
Al primo partecipa esclusivamente il parente più prossimo a quello investito; al secondo
partecipano equamente tutti gli agnati, qualunque sia il loro grado di parentela con il
testatore.
Da ciò discende che per il fedecommesso del primo tipo va assegnato al parente più
prossimo allultimo investito, il secondo invece va assegnato a chi dimostri
sufficientemente di discendere dal medesimo ceppo del testatore.
La Legge sui fedecommessi fu abolita dallAssemblea Costituente del Regno
dItalia Napoleonico del 4 agosto 1789 con i decreti del 25 ottobre e del 14 novembre
1792. Il 7 novembre 1796 fu esteso alla Lombardia ed il 24 luglio 1797 alla Repubblica
Cisalpina.
A Roma fu applicata dal maggio 1808 al 30 maggio 1814, dal 1 giugno al 1814 al 6 luglio
1816 le cose rimasero sospese fino al motuproprio di Pio VIII che servì a riorganizzare
lamministrazione dello Stato Pontificio. Larticolo 139 stabilisce che si
considerassero aboliti i fedecommessi i cui beni erano stati alienati sotto il regime
francese, e che all'atto della promulgazione del motuproprio (6 luglio 1816) avessero una
rendita inferiore a 15 mila scudi.
La Legge sullabolizione dei fedecommessi non colpì il fedecommesso Giustiniani di
quarto tipo e cioè il Moltiplico.
Sembrerebbe anche dubbio se colpì il fedecommesso di primo tipo quello per ius sanguinis.
Vincezo VI Principe Giustiniani aveva contratto molti debiti in Francia, dove non
esistevano più i fedecommessi ed il Papa dovette autorizzare di volta in volta
lalienazione dei beni facenti parte del fedecommesso del primo tipo.
Di qui la fondamentale differenza. I beni del fedecommesso del primo tipo possono essere
alienati per pagare i debiti dellinvestito, quelli del quarto tipo non lo possono
per soddisfare i debitori dei partecipanti al moltiplico.
Mentre i beni del primo tipo sono amministrati direttamente dallinvestito, quelli
del quarto hanno unamministrazione speciale, formata da Governatori rappresentanti
la gens dei partecipanti.
Inoltre mentre linvestito del primo fedecommesso, se proviene da altra famiglia,
può al cognome delladottante aggiungere il cognome proprio, i fedecommessi del
quarto tipo hanno il solo cognome gentilizio, né loro è giammai lecito aggiungerne un
altro.
Ecco perché Innocenzo X, che pure aveva potuto al proprio cognome Pamphili, accoppiare
quello di Doria, non potè, né volle una famiglia Giustiniani-Pamphili. Ed è per questo
motivo che nonostante i numerosi matrimoni con famiglie patrizie dei Giustiniani, non si
ebbero mai una famiglia Giustiniani-Spinola o Giustiniani-Massimi o Giustiniani-Ruspoli e
via dicendo.
Questo dicesi anche per lo stemma a cui i partecipanti il moltiplico, come stabilito dal
Marchese Vincenzo I Giustiniani non potessero per qualsivoglia motivo modificare.
La natura del fedecommesso del moltiplico appare sempre chiara nelle varie disposizioni
pontificie che si sono susseguite. I Papi hanno disposto che il Moltiplico non scemasse
onde mantenere lalto decoro della famiglia Giustiniani di Chio e di Genova e che ad
esso partecipassero solamente quei Giustiniani, i quali provassero di appartenere al
ceppo del testatore e fossero iscritti nel libro doro della Repubblica di Genova.
Per poter accedere al fedecommesso del moltiplico era quindi necessario:
1) la provata parentela con il testatore;
2) la inscrizione nel
Libro dOro della
Repubblica di Genova.
Il Marchese Vincenzo nelle sue disposizioni testamentarie lascia 50 scudi ai Padri della
Chiesa della madonna della Minerva dove era la tomba di famiglia per lanima sua e
dei discendenti di suo Padre ivi sepolti. La facoltà di partecipare alla sepoltura era
quindi più ristretta a quella di partecipare al moltiplico., benchè la sepoltura si dice
gentilizia in forza della sua origine a tutta la gens, a tutti gli agnati.
Chiaramente ilt estatore ne limita il diritto per squisite ragioni di convenienza. Nella
Cappella Giustiniani di S.Vincenzo Ferreri (vai
al sito della Basilica di S.Maria sopra Minerva) sono infatti sepolti il Marchese
Vincenzo, il Cardinale Benedetto, dei principi discendenti di Andrea Cassano e gli
antenati di Beatrice Giustiniani di cui parleremo in seguito nella sentenza del 1958,
ultimo dei quali il nonno Vincenzo Giustiniani come si legge anche dallepigrafe
sulla tomba (Vincentius Comes Justiniani - Romanus-Charitate Religione Eximius -
Vectigalium Praesul Officio Integritate et Justitia Functus - Obiit Romae - Brevi
Correptus Morbo - Sexto Id. Au A.D. MDMCCLXX - Aetatis Suae LXIX. Heic in Pace
Resurrectionem Expectat. Parenti Optimo - Dulcissimo Filii C.L.P. - Roma 16 giugno 1914
Firmato Domenico Antoni O.P. Parroco)
E dunque affermabile che questo ramo dei Giustiniani di Roma sia il più vicino al
testatore.
E quindi asseribile che chi partecipa al fedecommesso dovrà, in forza del Breve di
Innocenzo X che innalzava a Principe il Marchese Vincenzo Giustiniani e da lui
trasmissibile nellordine e nel modo stabiliti nel suo testamento, debba partecipare
alla sua nobiltà.
Tutti i partecipanti al fedecommesso possono quindi ritenersi Nobili dei Principi
Giustiniani, Principi di Chio, Patrizi Genovesi che davano Dogi a Genova, Sovrani a Chio e
Roma Assistenti al Soglio, a cui si può aggiungere quello di Patrizio Romano.
La famiglia Giustiniani è infatti inscritta anche nellelenco delle famiglie nobili
Romane. Privilegio concesso dalla Consulta Araldica ai Principi e Duchi residenti a Roma
ad inizio del XX secolo.
A questi titoli si vanno ad aggiungersi solo allultimo ramo Romano dei Giustiniani
sepolti alla Minerva i titoli di nobili dei duchi di Corbara e dei marchesi di Monte dè
Billi, e da una disposizione del Cardinale Vicario (reperibile nel Libro dei Battezzati
della Parrocchia dei SS Celso e Giuliana dellanno 1745) con la quale si stabilisce
in tutti gli atti dei discendenti da Raffaele si proponga il titolo Comitale, valido per i
Giustiniani di Ferrara e di Roma.
Tutti questi titoli già acquisiti da questo ramo Giustiniani per altre concessioni fuori
del testamento di Vincenzo I Giustiniani sono comunque ascrivibili solo a questo ramo
specifico dei Giustiniani.
Al titolo di Patrizio Genovese è inerente il titolo Marchionale di Bassano con il
predicato di Nobile dei Marchesi Giustinianicon diritto di trasmissione ai
primogeniti maschi e ad personam per gli ultrogeniti, da concedersi ai
discendenti degli individui iscritti al Corpo della nobiltà Genovese per Regio
Decreto del 18 dicembre 1889 e Deliberazione della Regia Consulta Araldica del 30 aprile
1890 circa il titolo Marchionale per i Patrizi Genovesi.
La questione giuridica del fedecommesso si risolse comunque nel 1958 con la sentenza della
Corte di Genova che riteneva il fedecommesso estinto dalla Legge del 14 giugno 1798 della
Repubblica Democratica Ligure identificando a quella data gli aventi diritti alla
spartizione.
Fatto curioso circa il titolo di Principe di Chio dei Giustiniani è che molto tempo gli
aventi diritto non ne fecero uso per il fatto che un tal
François Douceur (o Doucet), un maestro di scuola in un piccolo villaggio,
vicino a Puiseaux nella regione di Orleans , nel
corso dell700 si spacciò per Gistiniani Principe di Chio, avendono gli indiritti
privilegi fino al 1788, anno della sua morte.
Il titolo di Principe di Chio spetta a tutti i discendenti da quei tredici Maonesi del
1373 che lo ebbero per primi (Nicolò de Caneto de Lavagna, Giovanni Campi, Francesco
Arangio, Nicolò di S.Teodoro, Gabriele Adorno, Paolo Banca, Tommaso Longo, Andriolo
Campi, Raffaello de Forneto, Luchino Negro, Pietro Oliverio e Francesco Garibaldi e Pietro
di S.Teodoro).
Questo titolo spetta a quanti parteciparono al domino di Chios, che è quanto a dire a
tutti i Maonesi; tanto è vero che essi potevano, caso veramente raro se non unico,
trasmetterlo ad altri, che non fossero neppure loro parenti, purchè partecipassero al
governo di Chios, ciò ricollegabile alla stessa natura di società per azioni
della Maona Giustiniani.
Tutti i soci avevano uguali diritti, perché comuni sono i doveri.
Tutti sono padroni di Chios anche se il guadagno e pro rata in base alle quote, è per
questo che il titolo di Principe, concesso ai tredici Maonesi, si trasmetteva a tutti i
figli, purchè leggitimi, senza restrizioni della primogenitura, perché nessuna legge ha
giammi escluso dal commercio i figli ultrogeniti.
Il fregiarsi di tale titolo di Principe di Chios è anche del tutto indipendente dal fatto
di essere partecipanti o meno al fedecommesso ed essere quindi eredi del Marchese Vincenzo
Giustiniani in quanto anche lo stesso Marchese ed i suoi discendenti come alla stregua
degli altri discendenti dei tredici Maonesi originari e successivi aventi diritto sono
tutti aventi diritto.
Sarebbe impossibile concepire una Società Commerciale che portasse con se oltre beni e
servizi anche titoli nobiliari, ma non per questo si possono togliere i diritti acquisiti,
essendo pacifico che le questioni relative ai titoli nobiliari debbano essere
considerate e decise alla stregua di quel che sarebbe stato, se la feudalità vera e reale
mai non avesse cessato di esistere (Corte dappello di Napoli del 9 febbraio
1903 - Marulli-Sezza)
Due parole sui titoli nobiliari
Lo sostituzione
fedecommissioria nel Diritto Civile Italiano
Norme per la sostituzione
fedecommissaria nella successione avente ad oggetto beni culturali- Presentata alla Camera
il 7 ottobre 1994
ATTI DI ALIENAZIONE DA PARTE
DELLEREDE FIDUCIARIO DI BENI GRAVATI DAL VINCOLO FIDECOMMISSARIO.- Approvato dalla
Commissione Studi del Notariato il 2 maggio 2001
Fidecommisseria Giustiniani Elenco Inventario n. 93 trascritto a cura di Francesco Tripodi
(Archivio di Stato di Genova)
L'elenco descrive le carte prodotte dalla Fidecommisseria Giustiniani, giunte all’Archivio di Stato il 18 aprile 1984, a seguito del deposito effettuato dall’amministrazione avv. Mario Loi. Il fondo è composto da 292 unità numerate da 1 a 285, comprese tra i secoli XVI e XX. Sebbene
non sia stato oggetto di interventi ri riordinamento successivi al versamento, sono raggruppate in otto serie dotate di una certa omogeneità interna ora dal punto di vista formale ora da quello tematico. L’elenco proposto è la mera copia dell’elenco di versamento del 1984, è
stato compiuto un rapido controllo a scaffale che ha evidenziato alcune discrepanze che per il momento sono state recepite nell’attuale elenco senza ulteriori approfondimenti.
Un altro caso di cronaca vide come protagonista un "sedicente"
principe Giustiniani anche se questa volta "Veneziano": Lorenzo Montesini
Lorenzo Montesini, steward della Quantas, cresciuto ad Alessandria di Egitto durante l'ultima monarchia, parla fluentemente quattro lingue, i suoi titoli includevano oltre il principe Giustiniani, conte di Phanaar e il cavaliere di Santa Sofia.
Sua madre, Antonietta, era una modella; suo padre, Edgar, era un eroe sportivo. Dopo il colpo di Stato in egitto si trasferisce in Australia negli anni '50, e sulla scia di una devastante divisione familiare,
Lorenzo si arruola per il Vietnam, al suo ritorno, la sua cultura ed il suo
passato esotico gli aprono le porte dell'alta società di Sidney: cene, serate e viaggi all'estero.
Riesce a fidanzarsi con Primrose Dunlop, figlia di una delle famiglie più potenti d'Australia, ma poi scoppia lo scandalo,
Montesini prima di arrivare sull'altare, fugge con il suo migliore "amico" Robert Straub .... la storia è raccontata In libro autobiografico:
My life and other misdemeanours (Ringwood, Victoria: Penguin, 1999). Oggi Montesini vive in Australia e Presiede la Australian Friends of the Alexandria Library, una fondazione dedicata a riportare la famosa biblioteca egizia al suo antico splendore.
A 15 year old Murdoch and the groom who eloped with his best man in Venice
DUNLOP VOLEVA IL BLASONE, NON L' AMORE La Repubblica 20 aprile 1990
Le novità sullo scandalo del matrimonio miliardario cancellato all' ultimo minuto a Venezia non finiscono mai. Ora le ultime notizie sulle fallite nozze tra lo steward Lorenzo Montesini sedicente principe Giustiniani, di 40 anni, e la ricchissima fidanzata Primrose Dunlop, 36 anni, protagonista dell' alta società australiana, arrivano proprio dal sesto continente, da Sidney. Finora, viste le scarse tradizioni arisocratiche, se si eccettuano pochi nobili inglesi decaduti, gli australiani se ne erano quasi disinteressati. L' imponente eco dello scandalo ha completamente spiazzato i media australiani. Ma i commenti più salati nei bistrò di Paddington dove vivono Montesini e il suo amico e compagno inseparabile da ben 18 anni Robert Straub - che avrebbe dovuto fare da testimone alle nozze - e dove i due torneranno a vivere quando torneranno in Australia, confermano tutti che la coppia gay era nota a tutti, che la loro omosessualità non poteva esser ignota a nessuno. A Sydney insomma nessuno dubita che la fidanzata Primrose (Pitty Pat), divorziata e convertita un anno fa al cattolicesimo proprio per poter sposare Montesini, steward della Qantas, sapesse tutto dell' amicizia particolare del fidanzato: Robert Straub era anzi amico e confidente anche di lady Potter madre di Pitty Pat. Tutti sono anche d' accordo sullo scopo della singolare unione che era per Pitty Pat quello di acquisire il titolo di principessa Giustiniani secondo la promessa di Montesini. In cambio, lo sposo avrebbe ricevuto subito due milioni di dollari da lady Potter. Quando però il titolo non è saltato fuori dagli archivi veneziani, Montesini è stato liquidato malamente insieme al testimone. Niente titolo nobiliare, niente dollari. Circola però negli ambienti informati del cricket e del golf, una conclusione che merita di essere ricordata anche se è tutta da verificare. Robert Straub e Lorenzo Montesini temevano che il matrimonio non si sarebbe concluso perchè sapevano che le prove di nobiltà non esistevano e dunque sarebbero mai venute fuori. Avrebbero perciò messo le mani avanti negoziando l' esclusiva di tutta la vicenda, con un giornale inglese per due milioni di dollari. Il calcolo era semplice: se il matrimonio andava in porto, tutto bene. Se il matrimonio fosse stato invece cancellato, il romanzo tutto sesso e nobiltà sarebbe venuto alla luce in Inghilterra e probabilmente in tutto il mondo.
e per finire il caso di... Louis Giustiniani ("The Strange Case of Dr Giustiniani and Mr. Hirsch. The Incomplete History of an Imposture (1790s-1855)" di Matilde Cazzola in Quaderni storici Il Mulino Rivistaweb fascicolo 2/2023 Agosto), missionario anglicano nella colonia britannica di Swan River, Australia occidentale, a metà degli anni '30 dell'Ottocento. Uomo che, in momenti diversi nel tempo e lo spazio, era conosciuto come Jakab Szarvas, Giacobbe Hirsch e come Luigi Giustiniani, che si spacciava come un ex prete cattolico (un gesuita, secondo un'affermazione), poi diventato anglicano, che aveva «vissuto nella corte del Vaticano» e vi era stato cappellano l'Ambasciata austriaca presso la Santa Sede. Lo studio di Matide Cazzola indaga sul rimodellamento delle identità individuali attraverso conversioni e processi di naturalizzazione, e questioni metodologiche più ampie, come le sfide di svelare l'intreccio tra vero, falso e immaginario.
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