Fu voluta da Guarnerio II duca di Spoleto e marchese di Ancona, che donò
a Bruno, abate di Santa Maria di Chiaravalle di Milano, tutti i beni annessi al monastero
da lui fondato. Nel 1142 dodici monaci dellAbbazia di Chiaravalle di Milano giunsero
nella valle del fiume Fiastra, portando con sé i libri liturgici e gli arnesi da lavoro.
Per la costruzione dellabbazia si ricorse ad architetti - monaci francesi che si
avvalsero di stilemi tipici dellarchitettura cistercense. La chiesa risulta essere
un modello di architettura di transizione dal romanico al gotico. Come materiale edilizio
vennero utilizzate le pietre tratte dallantica città romana di Urbs Salvia.
Dedicata a Santa Maria, la chiesa è imponente per dimensioni: 72 metri di lunghezza, 20
di larghezza, 25 di altezza. In pianta labbazia si propone come complesso vagamente
quadrilatero in cui la chiesa abbaziale ha lingresso orientato a occidente e con
abside a oriente. Il lato est della chiesa delimita il lato nord del chiostro contiguo,
che, a sua volta, è incorniciato da una serie di edifici che completavano la struttura
monastica: sala del capitolo, auditorium, dormitorio (sostituito in parte dal Palazzo
Bandini), scriptorium, refettorio, etc
La pianta è a croce latina a tre navate, la
luce filtra attraverso 16 monofore e due rosoni contrapposti, uno sulla facciata,
laltro sul muro di fondo del presbiterio. In breve tempo lAbbazia divenne
così potente da irradiarsi attraverso le sue sei fattorie in gran parte del territorio
maceratese, fino ad arrivare a Numana. LAbbazia nonostante gli evidenti scopi
religiosi e civili, cioè organizzare il territorio da un punto di vista agricolo in base
alle regole dallordine monastico per potersi difendere adeguatamente e governare il
territorio sottoposto alla sua giurisdizione, divenne un complesso con attributi militari,
comunque difensivi.
I Cistercensi
Cadute definitivamente le istituzioni dellordinamento romano, e con esse le sue
norme etiche e sociali, è attorno ai monasteri che viene a ricomporsi, lentamente, un
nuovo modello di vita. San Benedetto da Norcia, fondatore del monastero di Montecassino,
nel 529, stila la Regola, organizzando, codificando e scandendo la vita quotidiana del
monaco (540): i benedettini partendo dal loro primo monastero, si diffondono per tutto il
mondo allora conosciuto, divenendo in breve tempo la potenza religiosa più importante
dellOccidente cristiano. Il 1098 è la data ufficiale di costituzione di un nuovo
ordine monastico, i Cistercensi, che si prefigge di portare alloriginale purezza e
severità di vita il monachesimo e i suoi ideali. Le spinte sociali e politiche avevano
infatti condotto listituto benedettino inesorabilmente fuori dalle centrali e
primigenie istanze della Regola di San Benedetto. Perciò, nel 1098, Roberto, abate
dellabbazia cluniacense di Molesmes, in Borgogna, lascia il suo monastero e si
ritira in una località paludosa, Citeaux (probabilmente dal borgognone Cistels, canne,
poi latinizzato in Cistercium, da cui Cistercensi). Nel giro di un ventennio i
Cistercensi, si affermano in Francia e nel resto dEuropa. In questo contesto si
colloca la nascita della nostra abbadia e del monastero, nel 1142; la nuova coscienza del
lavoro (lidea di vita dei monaci era basata sulla forza della preghiera e sulla
dignità del lavoro) diviene volano per lorganizzazione socio - economica
dellambiente circostante. I monaci disboscano, bonificano, dissodano i terreni,
organizzano nuove colture agricole, quali vite, olivo, gelso per i bachi da seta,
razionalizzano il lavoro dei campi, introducono nuovi e più validi sistemi per
lallevamento, incentivano leconomia, con grandi fiere periodiche. Il fervore
economico, la sempre più aumentata ricchezza di possedimenti fondiari, mulini, chiese e
monasteri dipendenti, rendono lAbbazia di Fiastra, nel giro di due secoli, una delle
più importanti dell'Italia centrale. La sua organizzazione territoriale era fondata su
grandi aziende agricole chiamate grange, dal latino granica,
deposito di grano e dal francese grange; vi erano scuole per contadini e
famigli, un ospedale per i pellegrini, la foresteria e linfermeria. Con lo
spostamento degli interessi sociali, economici e culturali nelle città, i monasteri
iniziano una lenta, ma inesorabile decadenza. Nel 1422 lAbbazia di Fiastra viene
saccheggiata da Braccio di Montone. Passata in commenda a vari cardinali appartenenti a
potenti famiglie romane, in seguito è assegnata alla Compagnia di Gesù, nel 1581, mentre
i Cistercensi la abbandonano il 21 marzo del 1624. Nel 1773, subentrarono i principi
Giustiniani Bandini, che edificarono un ricchissimo palazzo, progettato da Ireneo
Aleandri, ricco di affreschi, decorazioni, mobili depoca. Oggi si presenta con
ambienti perfettamente conservati e viene adibito a centro congressi. E del 21 marzo
del 1985 il ritorno, in forma molto suggestiva, di quattro monaci cistercensi, ancora
provenienti dallAbbadia di Chiaravalle di Milano; lAbbadia di Fiastra è
tornata così ad essere un centro di grande spiritualità. Recenti restauri hanno reso
più godibile anche la chiesa
Tratto da: Storia
Marche Novecento
Ad Urbisaglia, Il 1° giugno del 1940 fu aperto un campo per internamento di civili e fu
uno dei primi campi del Ministero dell'interno ad entrare in funzione. Venne allestito
nella villa dei principi Giustiniani Bandini, attigua alla celebre abbadia gotica di
Chiaravalle di Fiastra, vicino al confine che divide il comune di Urbisaglia da quello di
TOLENTINO
RISERVA NATURALE ABBADIA Dl FIASTRA |
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La riserva Naturale abbadia di Fiastra (1808) è stata istituita il 18 giugno 1984 per volontà della Regione Marche e della fondazione Giustiniani-Bandini, proprietaria dell'area ed è stata successivamente riconosciuta, con decreto del Ministero Agricoltura e Foreste del 10 dicembre 1985, pubblicato sulla G. U. del 7 gennaio 1986, come "Riserva Naturale dello Stato". Le finalità che si intendono conseguire con la Riserva Naturale sono quelle della valorizzazione attenta dell'ambiente, della sua funzione a fini prioritariamente scientifici e didattico-educativi e lo sviluppo socio-economico delle popolazioni locali. Ciò al fine di fare in modo che l'inestimabile patrimonio presente possa essere tramandato, con tutti i suoi valori più tipici, alle future generazioni. La Riserva Naturale Abbadia di Fiastra è quindi in tali termini un luogo di sperimentazione permanente volto a verificare un modello di vita e di sviluppo fondato su un armonico rapporto fra l'uomo e l'ambiente. Al fine di raggiungere tali obiettivi, il territorio della riserva naturale è stato suddiviso in tre fasce, aventi ciascuna caratteristiche e vocazioni differenti: la prima o di "Riserva Naturale Orientale", comprende la "Selva" che è l'ultimo residuo di un bosco planizario ormai divenuto raro in tutta Italia; la seconda o di "Riserva Antropologica" comprende l'antica Abbazia Cistercense di Chiaravalle di Fiastra del 1142, preziose testimonianze storico architettoniche, il fiume di Fiastra ed il torrente Entogge; infine la terza o di "Protezione", comprende il paesaggio agrario ed è caratterizzata da risorse paesaggistiche d'insieme aventi estremo rilievo per l'armonia e l'esistenza delle riserve stesse. Sin dalla sua nascita, nella riserva sono stati quindi avviati interventi ed attività di tipo educativo e/o rivolte a garantire una corretta fruizione delle risorse presenti. Sono state così realizzate aree pic-nic, sentieri natura, visite guidate, aule verdi, oltre a ricerche di ecologia applicata riguardanti, in particolare, la gestione a fini naturalistici della Selva e della popolazione del capriolo, minacciata di estinzione. Altri interventi di recupero e riqualificazione ambientale sono stati avviati sia per quanto riguarda il patrimonio storico-architettonico (ripristino del chiostro e di altri edifici facenti parte del complesso abbaziale, del Palazzo dei Principi, ecc..) che naturalistico (recupero di una cava di ghiaia, in località "Le Vene", al fine di favorire la sosta dell'avi fauna migratoria, rinverdimento ed interventi di piantumazione in nu merose altre zone, ecc...).Tutte queste azioni hanno permesso lo sviluppo di flussi turistici qualificati che dall'anno di nascita della riserva ad oggi, hanno già raggiunto cifre considerevoli (oltre 20.000 visitatori nel 1988) con conseguenti notevoli vantaggi, anche sotto il profilo economico, per gli abitanti del posto. |
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FONDAZIONE GIUSTINIANI - BANDINI(Abbadia di Fiastra - 62029 Tolentino tel. 0733-202122-202578)Ente Morale riconosciuto con D.P.R. del 6 luglio 1974, n. 328 è nato per volontà del Principe Sigismondo e di sua sorella la contessa Maria Sofia Giustiniani Bandini. Territorialmente amministra una superficie di circa 1800 ha di cui 600 sono a conduzione diretta, mentre i restanti in affitto o mezzadria. Scopo della Fondazione è quello di attuare la crescita tecnica e morale del mondo dell'agricoltura sia attraverso la ricerca scientifica che tramite corsi di aggiornamento professionale, in collaborazione professionale, in collaborazione con vari Enti. Servizi offerti al pubblico:"Centroconvegni"attrezzato con impianto di traduzione
simultanea; "Refettorio dei Monaci" per colazioni di lavoro o di banchetti
nuziali. |
COOPERATIVA AGRICOLA ABBADIA Dl FIASTRA
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CENTRO DI MIGLIORAMENTO VEGETALE NAZARENO STRAMPELLI
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Importante Villa Romana scoperta a Urbisaglia
Importante scoperta archeologica tra Urbisaglia e l'Abbadia di Fiastra: la campagna di scavi condotta dall'Universita' di Macerata e dalla Sovrintendenza ai Beni archeologici delle Marche con la collaborazione della Fondazione Giustiniani-Bandini, proprietaria dell'area, e il sostegno finanziario della Fondazione Carima, ha riportato alla luce i resti di una villa padronale romana, la piu' grande finora mai rinvenuta nelle Marche, un complesso per lo sfruttamento agricolo tra i maggiori conosciuti in Italia. Il nome della zona, "Villa Magna", e l'affiorare di strutture murarie tra i campi facevano sospettare da tempo dell'esistenza di un sito archeologico di rilievo. Ma le aspettative sono andate oltre ogni attesa. La struttura nel suo nucleo originario viene fatta risalire alla seconda meta' del I secolo a.C. Questa antica "fattoria" unisce funzionalita' alla cura estetica, come testimoniato da alcune parti di mosaico ritrovate e decorativi (antefisse) con teste di leoni. "Successivi ingrandimenti, la cui cronologia deve essere ancora definita - spiega il direttore del Dipartimento di archeologia dell'Universita', Gianfranco Paci, direttore dei lavori insieme a Giuliano de Marinis della Sovrintendenza -, hanno portato il complesso a una dimensione che non conosciamo per il territorio marchigiano: circa due ettari. Il rinvenimento di mattoni e tegole bollati ci permettono di ricondurre la proprieta' di questa struttura alla famiglia degli Herennii, che nella medesima epoca esprime un magistrato al vertice amministrativo della citta' di Urbisaglia. I successivi ingrandimenti della villa devono aver coinciso con il cambio di proprieta', la cui identita', al momento, non conosciamo". I reperti ritrovati si riferiscono soprattutto al livello di fondazione dell'edificio. La parte innalzata e' andata distrutta nel tempo. Restano, invece, ben conservate, due poderose cisterne dalla capienza di migliaia di litri per la conservazione dell'acqua. Sono state, inoltre, rinvenute una serie di piccole vasche che rinviano alla torchiatura delle olive e alla decantazione dell'olio. Inoltre e' probabile che vi fosse prodotto il vino, come fa pensare il ritrovamento di un deposito di olii, e allevati ovini e bovini. Le prossime missioni mireranno alla ricerca della parte signorile della villa, destinata ad ospitare il dominus, e le strutture di servizio, come stalle, magazzini, depositi di attrezzi e mezzi agricoli, stanze per il personale addetto alla lavorazione dei campi, che doveva essere costituito da centinaia di persone. "Date le dimensioni - aggiunge il professor Paci -, alla villa doveva far capo una grossa proprieta' fondiaria, un vero e proprio latifondo, al centro del quale doveva trovarsi Villa Magna, in una posizione dominante da cui si gode ancora oggi il controllo su un ampio tratto del territorio marchigiano".
LA CHIESA DI SAN BIAGIO (comune di Urbisaglia - Pesaro)
Dagli Annales Camaldulenses risulta che la Chiesa di San Biagio era alle dipendenze
dell'Abbazia di Fonte Avellana sin dal 1195. Infatti, in quell'anno, i monaci stesero un
atto per mezzo di Ugolino, notaio di Urbisaglia, riguardante sia la Chiesa di San Biagio
di Urbisaglia che una di Sant'Angelo in Montalliano. Da allora, sia Papi che imperatori,
nel concedere privilegi a Fonte Avellana, la nominarono sempre tra le Chiese dipendenti
dall'Abbazia. Nel 1572 fu sottoposta dal Papa Gregorio XIII alle dipendenze di Santa Maria
degli Angeli di Pesaro. Nel 1663, era in condizioni tanto degradate che il Vescovo di
Macerata, durante la sua visita pastorale, ne ordinò la demolizione, ingiungendo di
innalzare in sua vece una croce e di utilizzare i materiali edili per i restauri della
Chiesa di San Giorgio, in cui furono trasferiti gli oneri e la festa del Santo. Ma i
Gesuiti, succeduti nella proprietà nel 1771, la riedificarono totalmente nella sua
attuale forma architettonica. Nell'Ottocento fu più volte requisita dal Comune ed
attrezzata come lazzaretto durante le varie epidemie del colera. Divenuta poi proprietà
della famiglia Giustiniani Bandini, da questa fu donata al Comune per apprestarvi un
Sacrario ai Caduti, inaugurato il 28 settembre del 1947. Attualmente, ospita il Museo
delle armi.
MUSEO DEL VINO
Nei locali delle cantine, con accesso dal chiostro dell'Abbazia, è stato recentemente allestito il Museo del Vino che espone strumenti ed oggetti usati nel passato per la lavorazione delle uve. Le cantine furono edificate nel corso del XVII secolo per conto dei Gesuiti, ai quali era stata affidata l'Abbazia nel 1581. Sono costruite su due piani, di cui uno interrato, e venivano utilizzate per lavorare le uve prodotte dalle vigne dell’Abbazia e più recentemente quelle raccolte nelle terre della famiglia Giustiniani Bandini e poi della Fondazione Giustiniani Bandini.
Le cantine, appena restaurate, sono il luogo ideale per esporre i vecchi strumenti usati dai contadini: sono visibili torchi, botti di rovere di varia grandezza, contenitori di diverso genere, tini, pompe per travasare il vino e una bellissima caldaia per il vino cotto, costruita a lato di un piccolo chiostro dei monaci cistercensi.
Il Museo comprende anche una ricca documentazione relativa alla produzione di vino nel territorio marchigiano.
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Ramo Bandini-Giustiniani
Maria Cristina Bandini
Giustiniani