Santuario Madonna della Grazia
Gravina di Puglia
(Ba)
Alcuni prospetti della Chiesa e lo stemma cardinalizio dei Giustiniani
Un bizzarro e famoso prospetto riproduce lo stemma di Mons. Giustiniani
che volle la costruzione del Santuario nel 1602 per destinarlo anche a residenza estiva
del Vescovo e dei seminaristi. Ricerche storiche sulle origini di questo Santuario ci
hanno rivelato che: ”Esisteva un tempo fuori le mura della città una certa cappella campestre nella quale era dipinta alla parete l'immagine della Vergine Madre di Dio chiamata
SANTA MARIA DE LA GRAZIA, alla quale ogni sabato un grande concorso di popolo si recava per ringraziare la Madonna per la grazia ottenuta, della quale la fama era nota a tutti, e il Vescovo trasportò l'immagine più vicina alla città e in suo onore eresse dalle fondamenta alla Santissima Vergine (questo) insigne tempio, e da che fu costruito l'insigne tempio è accresciuta la devozione alla Madonna non solo nella città di Gravina, ma in tutta la Provincia”, così
Mons. Vincenzo Giustiniani scriveva alla Santa sede nella Relatio ad Limina
(cfr Archivio Segreto Vaticano, carta 374 A, 2 Agosto 1611).
Nel 1608, Virgilio De Marino, nel suo opuscolo “Apprezzo della città di Gavina”, descrivendo le chiese della città, scrive: “fuora della detta città della porta di suso per distantia di passi 150 in circa vi è una ecclesia intitolata s. maria dela gratia, cominciata con bellissimo designo dal vescovo di detta città et non finita dove è ancora una comoda habitatione et vi si celebra ogni matina”. Nel 1614, succede a Mons. Giustiniano, fr. Agostino da Castelfidardo. Questi nella Relatio ad Limina, 1616, così scriveva: “Fuori anco di detta Città e una chiesa di S.ta Maria della Gratia distante dalla Città da un 3° di miglio, fabbricata con grandissima diligenza dal R.mo predecessore…”. Dopo la morte di Mons. Giustiniano, la cura pastorale della chiesa fu affidata al Capitolo Cattedrale. E nei Voti Capitolari del 13 dicembre 1614, si legge per quanto riguarda il “sussidio caritativo da dare al nuovo Vescovo: ”Per lo che si ordina tanto al procuratore ordinario del Capitolo quanto al procuratore di Santa Maria della Grazia, chiesa di questo Capitolo, che vogliono consegnare al tempo debito al predetto monsignore Reverendissimo suddetti ducati duecento”.(Arch.Cap. 1614). L'Abate Pacichelli, nella sua descrizione del “Regno di Napoli”, nel 1698, enumera le chiese “extra moenia”: tra questa, “La Madonna della Grazia” Nel 1710 la facciata del Santuario subì una variazione: con bugnatura coprirono la facciata con lo stemma del Vescovo Giustiniano: L'Aquila ad ali spiegate su tre torri e sotto i primo cornicione la scritta. “S.Mariae gratiarum Virgini Deiparae…”.
Limmagine della Madonna della Grazia in dialetto locale: “ La Madònn' d' la Grazij”, venerata da più parti, fu poi trasferita più vicina al centro abitato e
in loco della vecchia chiesa ne sorse una nuova dedicata alla Vergine Santissima.
Il prospetto del Santuario è ripartito in tre ordini e sotto i rispettivi cornicioni sono
inscritte frasi della Bibbia.
Il più basso dei tre presenta nella parte sottostante, in corrispondenza delle porte
laterali, due oculi. Nelle due forme ovoidali sono visibili due inscrizioni P.P.P.
(Propria Pecunia Posuit Fece a proprie spese) e M.M.M.
(Mariae Matri Misericordiae A Maria Madre di Misericordia).
Sotto i rispettivi cornicioni, in alto leggiamo:
Sicut aquila provocans ad volandum pullos suos et super eos volitans expandit
alas suas et portat eos (Deut 32, 11); al centro è scritto: Sanctae
Mariae Gratiarum Matri Virgini Deiparae - Episcopus Gravinensis Vincentius Iustinianus
Genuensis - Ex condominiis Chii - a fundamentis erexit 1602 Questa scritta è
del 1710.
Al centro osserviamo uno scudo retto da due angeli alati in movimento che fanno da
ornamento ad una fascia cartoccio su cui è incisa la frase: Turris fortitudinis
a facie inimici (Salmo 60). Sulla facciata in altorilievo campeggia una grande
Aquila ad ali spiegate con una corona regale in testa tempestata di pezzi di vetri
cromatici. Nellocchio dellaquila un pezzo di cristallo attira lo sguardo del
visitatore per i riverberi dei raggi solari.
Vincenzo Giustiniani, vescovo di Gravina dal 1593 al 1614, lo si vuole nato a Chios da
Giovanni Battista Giustiniani e Violante ?. Insieme con il fratello Marco, fu educato
dallo zio Angelo vescovo di Torino e fu anche collaboratore del cardinale Benedetto
Giustiniani.
Lubicazione fu dettata dallidea che essa doveva emergere tra le altre e
vedersi da ogni punto della città. Come pensato divenne un punto di riferimento
soprattutto per i forestieri e per chi da Gravina si spostava verso altri paesi tanto da
determinare la nascita del toponimo porta o via Aquila grande.
Il Santuario fu costruito Ad instar Cathedralis a tre navate con i
pilastri quadrati con le loro basi, piedistalli, capitelli, architravi, fregio e
cornicione di struttura dellordine toscano, corinzio e dorico con 12 medaglioni
ovali in pietra locale raffiguranti gli apostoli.
Nel 1600 le laterali crollarono. Dopo la ricostruzione, il Santuario rimase quasi
abbandonato e incompleto fino alla venuta di Mons. Cennini, che lampliò,
labbellì restaurandola con la stessa residenza estiva. Questi, nel 1652, abbassò
la volta del presbiterio con volta di tufi, formando un arco a tutto sesto, e chiuse così
quattro cappelle laterali e coprì quattro medaglioni degli apostoli al fine di ricavare,
tra la volta e il presbiterio, alcune stanze.
Fu sua opera la costruzione di alcuni locali adiacenti al primo ed al secondo piano di una
costruzione che si estendeva dallinterno della chiesa fino allesterno. Sotto
la sacrestia fece scavare nella pietra una grotta rinvenuta nel 1990. Gli accennati locali
negli anni trenta e quaranta furono adibiti ad orfanotrofio maschile.
La chiesa è dotata di tre porte dingresso, e sulla sinistra un piccolo campanile
del secolo XIX come dimostra liscrizione sotto il balconcino della campana, A.D.
1841.
Sul frontespizio del presbiterio, in alto, oltre il cornicione ionico, fra due stemmi
inserì la data: A.D. MDCLII. Recentemente il Santuario ha subito un restauro in seguito
al terremoto del 1980 che ebbe come epicentro lIrpinia.
Ritenute sovrabbondanti e superflue le modificazioni apportate da Mons. Cennini, si è
pensato di riportare allorigine le caratteristiche della costruzione.
Il risultato è stato sorprendente perché, non solo si è riportato alla luce ciò che
era nascosto (alcuni medaglioni, i capitelli dellattuale arco di trionfo e lo stesso
arco), ma si è offerto maggiore ampiezza e snellezza allintera struttura
basilicale.
Il 25 settembre 1991, in Piazza S. Pietro, Papa Giovanni Paolo II incoronava la statua
della Madonna venerata nel santuario. Tra il 1996 e il 1997 la facciata del Santuario è
rimasta ingabbiata dall’impalcatura per essere interamente ripulita e
restaurata. L’opera di un meticoloso e paziente restauro ha restituito al suo
splendore originale la facciata che è unica nel genere in tutto il mondo ed è
diventata il simbolo della città di Gravina. Da sempre il popolo di
Gravina si è recato in devoto pellegrinaggio
quando la chiesa era fuori città. Lungo il percorso erano scaglionate quattordici edicole
della Via Crucis: il popolo, salendo, meditava la passione di Cristo e si preparava
allincontro con la Mediatrice della Grazia. Nel secolo scorso lo stesso popolo
sentì il bisogno di dare una voce a quella chiesa e, a sue spese, fece innalzare un
piccolo campanile per poter chiamare i devoti ai piedi della Madonna. La festa in onore
della Madonna della Grazia viene celebrata il giorno otto settembre.
Una novena di preghiere ne prepara la solennità. Il giorno della festa, sin dal primo
mattino, il popolo accorre ai piedi della Vergine: si celebrano SS. Messe sino a
mezzogiorno. Verso sera si snoda, per alcune vie della città, la processione della S.
Immagine seguita da immane stuolo di popolo. Fino a tarda sera, numerosi fedeli vanno in
chiesa per rendere omaggio alla Madonna dalla Grazia e tante mamme, nellintimo del
loro affetto, consacrano alla Mamma di tutte le grazie, i loro figli, la loro casa, la
loro vita, i loro sentimenti più profondi.
Adiacente alla Chiesa fu costruita una fabbrica con giardino come residenza estiva dei
vescovi e dei seminaristi. La costruzione risalente al 1602, come dimostra una iscrizione
sulla facciata, fu meta di pellegrinaggio. Lungo la strada di accesso ad essa furono
fissate 14 edicole della Via Crucis scomparse nel tempo per le costruzioni di case e della
ferrovia.
Nel 2022 la facciata della Chiesa è stata sottoposta ad un intervento di restauro e ripulitura che si è concluso i primi giorni di giugno 2022 restituendo il bel colore vivo all'edificio.
Gravina in Puglia, la singolare storia della chiesa con la facciata a forma di stemma nobiliare
di Federico Giannini, Ilaria Baratta (scritto il 30/10/2019) Finestre sull'arte
La singolare storia della chiesa Madonna delle Grazie
Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari Gravina life
Chiesa Madonna delle Grazie e Mons. Giustiniani
Un quadro, la famiglia Giustiniani, la chiesa Madonna delle Grazie, Francesco Solimena. Da Genova a Gravina
Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari Gravina life
VINCENZO GIUSTINIANI (vescovo di Gravina - 1593 agosto 02 - 1614 ottobre 03)
Nato a Chios da Giovanni Battista Giustiniani e sua moglie Violante, nel 1550.
Vincenzo, all’età di sedici anni circa, con la perdita dell'isola da parte de
Genovesi, raggiunse Genova con il fratello Marco Antonio, poi Torino, perché avviato alla vita
religiosa e affidato alle cure e alla formazione dello zio paterno Angelo, frate francescano.
Successivamente divenne vescovo a Ginevra.
Il giovane Vincenzo studiò con profitto, laureandosi in Legge. Apprese anche le lingue, soprattutto
l’arabo, il greco e il latino, che parlava con naturalezza. Si dilettò anche in alchimia, come attesta
Vincenzo Bruno in «Teatro degli inventori di cose», e inventò tra l’altro la formula “dell’oro impalpabile
in polvere sottilissima”.
Suoi nipoti di fama furono Orazio Giustiniani, della Congregazione dell’Oratorio di San Filippo Neri,
cardinale, gran penitenziere e bibliotecario; Giuliano, anch’esso dell’Oratorio famoso per integrità di vita
e costumi.
Raggiunta la formazione necessaria, fu segnalata la sua competenza a Roma. Il Papa, dunque, lo volle
governatore di Tivoli dal 3 luglio del 1590.
In questa veste ebbe modo di farsi notare per le capacità gestionali. Fu attore dei disastri compiuti
dall’alluvione e dal conseguente straripamento del fiume Aniene nel 1589. In quest’occasione immediata
fu la sua opera per riparare i danni subiti. Per trovare una soluzione a tali ingenti danni, chiese aiuto al
padre gesuita Giovanni De Rosis che godeva fama di valente ingegnere idraulico.
Le sue doti erano conosciute anche all’altro suo parente, il cardinale Benedetto, dal 19 luglio 1591 Legato
Pontificio per la Marca d’Ancona, che lo volle proprio Vicario unitamente a Ludovico Lambertini.
Nel 1593 Vincenzo Giustiniani fu trasferito al governo di Civita Castellana, diventando il 28 febbraio dello
stesso anno anche Referendario di ambedue le Signature a Montalto (sostituì in questa occasione
Alfonso Visconti).
In queste vesti rimase pochi mesi, dato che il 2 agosto 1593 fu promosso al vescovato, assegnandogli la
comunità ecclesiale di Gravina, nelle Puglie, vacante per la rinuncia di Antonio Maria Manzoli.
Contestualmente alla Bolla papale con cui papa Clemente VIII riconobbe la collazione episcopale della
chiesa di Gravina nella persona del vescovo Vincenzo Giustiniani, nella stessa data del 2 agosto, furono
spedite altre Bolle, una allo stesso Giustiniani con cui lo si assolve da ogni censura e da ogni pena,
un’altra di raccomandazione a Filippo II re di Spagna, un’altra ancora a Scipione de Tolfa arcivescovo di
Acerenza suo suffraganeo, l’ultima al capitolo della chiesa cattedrale di Gravina, al clero ed ai diaconi
della città di Gravina, all’Università e vassalli della città di Gravina, al popolo della città di Gravina.
Mons. Giustiniani aveva acquistato a Roma la propria abitazione nel rione “Monti” e in quella residenza
soggiornava ogni volta che si recava nell’Urbe.
Il suo primo pensiero e atto,
insediatosi nella diocesi di Gravina, è quello di occuparsi della formazione dei giovani e futuri presbiteri, istruiti
da pubblici insegnanti e sacerdoti di esemplari costumi, pagati dall’Università. Mons. Giustiniani, come i
suoi predecessori e i suoi successori, nota una diffusa ignoranza, soprattutto nel Clero. Alla luce di tali
riscontri vuole con grande forza l’erezione di un Seminario, che risulta il primo nella Terra di Bari e
nell’Arcidiocesi di Acerenza di cui Gravina era suffraganea. Mons. Giustiniani ordina al Capitolo gravinese la nomina di un procuratore con il compito di seguire la
vicenda del Seminario. Coadiuvato da due deputati, questo procuratore avrebbe dovuto occuparsi in
seguito del buon governo e dell’amministrazione dell’Istituto.
Gli inizi sono davvero difficili per la mancanza di fondi necessari per andare avanti. I tentativi di imporre
opere pie a tutte le istituzione laiche ed ecclesiastiche sono vane: tutti rifiutano, compreso l’Università
che fino ad allora aveva mantenuto un pubblico maestro.
Comunque mons. Giustiniani non si arrende alle palesi difficoltà e riesce a recepire fondi, assicurandosi
parte dei proventi di diritti e decime dovute alla Chiesa e sottratte o percepite indebitamente
dall’Università. In poco tempo la fabbrica del Seminario è innalzata nel rione chiamato, a dispetto del nome, “Inferno”,
nei pressi delle mura cittadine della “porta di sopra” (denominata successivamente porta Aquila) nella
strada della “Porticella” (oggi via seminario vecchio). Sull’ingresso della struttura campeggia lo stemma
del Giustiniani. Nel 1596, il seminario risulta costruito e inizia le sua attività.
Approvati il progetto, il sito e quant’altro di utile occorreva, presumibilmente tra il 1597 e il 1598 iniziano
i lavori della nuova chiesa di Santa Maria della Grazia, di fuori delle mura della città. Il tempio avrebbe
avuto funzione di Santuario. Il vescovo affida la chiesa alla procura del canonico Sottile.
La sorte vuole che, nel corso dei lavori, le colonne non reggendo il peso della struttura causano dei crolli,
che fanno modificare il progetto originario più o meno nella forma che vediamo ancora oggi.
Il Santuario, costruito interamente con denaro del vescovo, del clero di Gravina, obbligato dallo stesso
Giustiniani, e da offerte volontarie, è voluto “Ad instar Cathedralis”. Al suo interno, tre navate con i
pilastri quadrati con le loro basi, piedistalli, capitelli, architravi, fregio e cornicione di struttura dell’ordine
toscano, corinzio e dorico con dodici medaglioni ovali in pietra locale raffiguranti gli apostoli.
Sul percorso per raggiungere il Santuario, ubicato a circa centocinquanta passi dalle mura cittadine, sono
innalzate quattordici edicole in ricordo della Via Crucis: avevano lo scopo di far meditare sulla Passione di
Cristo i pellegrini che si sarebbero portati al Santuario.
Accanto al santuario è innalzata una residenza estiva ad uso dei vescovi pro-tempore e dei seminaristi.
Il santuario subì varie vicissitudini. Dopo anni di abbandono, nel 1652 fu restaurato dal vescovo di
Gravina Domenico Cennini (1645 – 1684), che ampliò la struttura adiacente la stessa chiesa, ponendovi
deliziosi giardini. Nella chiesa mons. Cennini abbassò la volta del presbiterio con una volta di tufi, formando un arco a
tutto sesto chiudendo in questo modo quattro cappelle.
Nel 1692 il vescovo Marcello Cavalieri (1690-1705) restaurò e abbellì la residenza ecclesiastica annessa
alla fabbrica religiosa. Il 12 marzo 1714 Orsini consacrò nuovamente l’unico altare della chiesa, ponendovi le reliquie dei SS.
Candido e Giustino.
Nonostante la presenza di queste opere, il sito fuori delle mura rimaneva spesso incustodito, con le
conseguenti profanazioni. Infatti, nel 1734 le truppe austriache di stanza a Gravina utilizzarono la chiesa
come caserma.
Nel frattempo, l’espansione della città oltre le mura di Santa Maria degli Angeli (Porta dell’aquila)
comportò la demolizione delle edicole votive lungo il percorso verso la chiesa. Nel 1838 furono effettuati ulteriori lavori di restauro.
Un piccolo campanile, tutt’ora esistente, fu realizzato a devozione dei fedeli nel 1841. Nella seconda metà del XIX secolo si compì lo scempio con la costruzione della stazione ferroviaria
statale. Inaugurata nel 1891, coprì la magnifica vista della chiesa dal corso. Nonostante tutto permaneva, la situazione di abbandono del sito durò fino alla venuta a Gravina del
vescovo Giovanni Maria Sanna o.f.m. (1922-1953), che nel 1926 commissionò altri restauri. Durante la seconda guerra mondiale la chiesa fu nuovamente occupata dall’esercito. Addirittura si
custodirono al suo interno le moto della fanteria motorizzata. Dopo tanto penare, nell’agosto del 1951 mons. Sanna la riaprì al culto, affidandola ai suoi confratelli
francescani. Le strutture attigue furono utilizzate quale dimora estiva per bambini orfani e seminaristi.
Nel 1968, con il vescovo Giuseppe Vairo (1962-1970), fu rifatto l’altare maggiore, lasciando comunque
l’antico paliotto. Fu anche rifatta la pavimentazione del presbiterio e rimesso a nudo il muro perimetrale
interno. In questa occasione ci fu pure il restauro del quadro della Madonna del Donadio da parte del
gravinese Angelo Amodio.
Il 23 novembre 1980, il terribile terremoto che sconvolse l’Irpinia e la Basilicata provocò
seri danni alla chiesa. Immediati furono i lavori approntati per il consolidamento della struttura, che
iniziarono il 15 dicembre. In questa fase vennero alla luce elementi decorativi nascosti da restauri antichi.
Al contempo si eliminarono le inutili sovrapposizioni realizzate nei vari restauri, come la demolizione
delle stanze sul presbiterio. Il 16 dicembre 1989 si celebrò nuovamente la consacrazione a opera del
vescovo di Gravina Tarcisio Pisani.
Agli inizi del 1984 la chiesa fu dichiarata di notevole interesse storico-artistico da parte del Ministero dei
Beni Culturali e Ambientali. Nel 1997 il parroco Angelo Casino chiese il cambio della denominazione da “Madonna delle Grazie” a
“Madonna della Grazia” sulla base di ricerche da lui effettuate. Il vescovo Mario Paciello decretò
positivamente il cambio della denominazione.
Alla chiesa Madonna delle Grazie, nel 2004 furono realizzati in legno intagliato il grande portone centrale
e le due porte laterali. Sono opera di Domenico Lorusso ebanista di Gravina.
Il
3 ottobre 1614 il Vescovo Vincenzo Giustiniani si spegna a Gravina e viene sepolto nella cattedrale di Gravina in una tomba terragna posizionata nella navata di
sinistra, sulla parte sinistra dell’altare, oggi dedicato a San Francesco di Paola. Sul suo sepolcro è innalzato un monumento a futura memoria, composto da uno zoccolo su cui si elevano
due finti pilastri ornati con foglie di acanto e sormontate a loro volta da due Angeli. L’Angelo a destra
regge il pastorale, nell’altra mano uno scudo con le insegne del vescovo; l’Angelo a sinistra ha la mitria e
sempre uno scudo. Al centro altri due Angeli e il ritratto a rilievo di mons. Giustiniani mentre accenna a
benedire. Più in alto il galero vescovile. Nella parte centrale vi è un piccolo sarcofago dai piedi leonini,
ornato da una testa di Angelo. Sullo zoccolo sono scolpiti una mitria e due teschi, ciascuno di essi poggia
su di un libro chiuso.
Informazioni e notizie a cura dell'Associazione Benedetto XIII di Gravina
Materiale tratto dal sito Santuario Madonna della Grazia
- Gravina di Puglia e Il portale cittadino di Gravina in Puglia
Per approfondire vedi anche:
associazione, "Benedetto
XIII" che si occupa della gestione del Museo Capitolare di Arte Sacra a
Gravina
PROGETTO DI DIGITALIZZAZIONE DELLE VISITE PASTORALI DEI VESCOVI DELLA DIOCESI DI GRAVINA
L'Archivio diocesano di Altamura - Gravina - Acquaviva delle Fonti ha lanciato un progetto di digitalizzazione di tutte le visite pastorali svolta dai Vescovi di Gravina tra cui quelle di Vincenzo Giustiniani. L'interessante materiale inedito sarà di grande supporto soprattutto per la storia e lo stato dei luoghi e della popolazioni in quei tempi. A breve sarà lanciata una campagna di crowfounding per il reperimento delle risorse. Attualmente il materiale presente nell'archivio diocesano di Gravina è composto da 45 volumi rilegati in cartelle.
Il Cristo Porta Croce di Gravina
La Concattedrale di Santa Maria Assunta è il principale luogo di culto cattolico di Gravina in Puglia, sulla sommità del timpano del portale del lato sud della Basilica Cattedrale di Gravina di Puglia è posto come elemento decorativo il Cristo risorto o Cristo
Portacroce.
L’incisione latina riporta la seguente frase: "Dopo esser morto, ridestandomi dalla tomba, ascesi al cielo e quella che voi chiamate "morte" per me fu la vita".
Fonti storiche più o meno accreditate asseriscono, senza aver mai, purtroppo, fornito elementi certi sulla sua datazione, sulle maestranze che la realizzarono, che quella statua fu collocata dove, ancora, attualmente la si può ammirare, dopo il crollo della torre campanaria avvenuto nel 1558. Cosa abbia di tanto particolare o di tanto fulgido retaggio storico quel manufatto in pietra è presto detto. Replica, modestamente, senza forzature di sorta, senza esagerazione campanilistica e retorica, l'opera che, Metello Vari, nel 1514, commissionò a Michelangelo Buonarroti, per la Basilica di Santa Maria Sopra Minerva, a Roma, retta dai figli di San Domenico, dell'Ordine dei Predicatori, e dove sono custodite le spoglie mortali del gravinese Papa Benedetto XIII.
In una Visita apostolica del cardinale Vincenzo Maria Orsini, futuro Papa Benedetto XIII, risalente al 1714 descrive anche il trittico con il risorto: "La quarta
finestra è aperta nel muro laterale sinistro, che risguarda il mezzogiorno, fra il quinto, ed il sesto pilastro, di pietra pur di Bitonto, ornata con due colonne rilevate
per due terzi gentilmente intagliate, colle basi, piedistalli, capitelli, architrave, fregio, cornicione, e frontespizio triangolare, parimente rilevato di ordine Dorico.
Dentro il detto frontespizio è collocata una immagine di nostra Signora col bambino in braccio, di basso rilievo, e sopra di esso tre statue, cioè di Cristo risorto nel
mezzo, di S. Pietro à destra e di S. Paolo à sinistra".
La storia delle “due” statue Michelangiolesche è ormai nota, qui vogliamo evidenziare che nello stesso periodo si inserisce questo Cristo gravinese che si lega ai Giustiniani per la presenza di mons. Vincenzo Giustiniani, vescovo della Diocesi di Gravina dal 1593 al 1614, che fece costruire, tra l'altro, il primo Seminario vescovile, la chiesa della Madonna delle Grazie, con la maestosa facciata, che riproduce il suo stemma episcopale e la chiesa di Santa Cecilia.
L'opera iniziale, inserita nell'alveo di alterne vicende storiche, finisce col ricollegarsi e ricongiungersi a momenti salienti della vita Gravinese religiosa e sacra.
Il Cristo Porta Croce Giustiniani di Bassano Romano
Durante l'annuale celebrazione della festa in onore della Madonna delle Grazie dal 30 agosto all'8 settembre 2021,
è stato presentato dal giornalista Giuseppe Massari, presso il salone parrocchiale,
il libro "Discorso sopra il Cristo Giustiniani di Michelangelo Buonarroti"
di Nicoletta Giustiniani. E' intervenuto il parroco Giovanni Bruno e
l'artista Gravinese Massimo Loglisci autore di un pregevole modello in scala, in
pietra locale, del Santuario della Madonne delle Grazie.
La serata è stata di particolare importanza, perché l'autrice è una delle discendenti di Mons. Vincenzo Giustiniani, colui che fece costruire la maestosa chiesa con la superba ed originale facciata conosciuta, ammirata ed apprezzata in tutto il mondo, riproducente le armi della sua nobile e patrizia famiglia.
Inoltre, l'appuntamento assume un'altra importanza di rilievo, perché di quella immagine del Cristo di Michelangelo, la Basilica Cattedrale di Gravina possiede una copia esposta e situata sulla facciata meridionale, quella che si affaccia su piazza Benedetto XIII.
Si ripete l'annuale e tradizionale festa in onore della Madonna delle Grazie
Gravina Life del 30 agosto 2021
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Giustiniani