Per spiegare la vicenda giudiziaria della Maona Giustiniani è necessario
partire da lontano, vedere a quali condizioni i Giustiniani ricevettero Chios
da Genova, quando cessata la vecchia maona fu istituita la nuova.
In particolare si deve partire dalla formazione deil 29 settembre 1373, composta da Pietro
Recanelli (il documento lo nomina come primo, poiché capo della maona, avendo da vantare
il maggior credito verso la Repubblica di Genova), Lazzarino di Rocca, Antonio di Rocca;
Pietro di Paolo Giustinini; Leonardo da Rosio, per Venario di Campofregoso; Leonardo,
Franceso, Raffaele Giustiniani di Garibaldo; Francesco Giustiniani; Arangio; Francesco
Giustiniani de Campi; Francesco Giustiniani Forneto; Nicola Giustiniani Longo; Agostino
Adorni.
Il credito Il credito espresso in libre è di 152,250. Genova cede alla Maona
lintero dominio, e benchè esso sia pro tempore, o meglio non perpetuo, i maonesi
possono anche vendere lisola; il che significa che la sovranità di Genova, anche
prima del 1527, anno nel quale, Genova rinunciò a qualunque diritto su Chio, era molto
apparente. Il contratto fu stipulato per mano del notaio Benedetto de Paxono e inserito
nel Liber Jurium R. Genuens.
Il popolo di Chios chiamava i Giustiniani con i titoli di Signori, Principi, Sovrani; i
documenti e gli scrittori li dicono Dynastae alla greca e così li chiama
anche la Sacra Rota non più tardi del 14 giugno 1839 (Vincentius ex Nobilissima
Ianuensi familia Justinianorum dynastarum olim Chij in mari Aegeo. E
dynastes dal greco è princeps, regulus: signore, barone, principe e re.
Ma i Giustiniani memori della madre patria, riconobbero sempre su Chios la sovranità
assoluta di Genova e non prima dellantica reggia simpossessarono e lo
scettro di questa alla Repubblica ne inviarono, e volentieri addossandosi la primiera
dipendneza, che veros Genova professava quellisola, si compiacquero di non
comunicare la propria signoria con la sua patria" (Gammurri: Historia
Genealogica delle famiglie nobili toscane e umbre).
Ma di fatto lisola di Chios obbediva ai Giustiniani, infatti Antonio dAragona,
vinto il 4 agosto 1435 nella battaglia navale contro i Genovesi, con altri nobili, si
arrese a Jacopo Giustiniani per la usa fioritissima nobiltà e Signore di Chios (Pandolfo
Collenuccio).
Con la fine del dominio dei Giustiniani a Chios nel 1566 e la liberazione dei supersisti
internati in Crimea dei Turchi a Giustiniani che tornarono a Roma ottennero con molta
facilità di entrare nella corte Pontificia per occuparvi un posto degno delle glorie
passate.
Vincenzo Giustiniani, ereditato dal padre il feudo di Bassano, della Diocesi di Sutri,
acquistato il 12 giugno 1595 e da Paolo V il 22 novembre del 1605 ed elevato a titolo di
Marchesato è lisitutotore del fedecommesso.
Vincenzo Giustiniani, rimasto senza prole, istituì suo erede universale e fedecommissario
Andrea, figlio di Cassano.
Si arriva alla morte del Cardinale Giacomo Giustiniani il 24 febbraio 1843, e prima di
esso del fratello di lui, Lorenzo, senza prole, alla nomina quale erede universale della
nipote Cecilia, figlia dellultimo Vincenzo, morto il 13 novembre 1826, con la quale
si era estinta la linea retta primogeniale del principe Andrea.
Cecilia Giustiniani sposò Carlo Bandini, padre di Sigismondo Bandini Giustiniani.
Estinta la prima linea retta dei partecipanti al fedecommesso e al principato, sorsero
lunghe contese che per oltre un secolo anno occupato i Tribunali Pontifici, del Regno
dItalia ed infine della Repubblica.
Le varie sentenze dei Tribunali nelle diverse fasi della controversia tengono a dimostrare
che la partecipazione al fedecommesso porta con se la partecipazione ai titoli nobiliari
che ad esso sono strettamente connessi.
Vincenzo I Giustiniani, Signore e Marchese della terra di Bassano, della Diocesi di Sutri,
Gentiluomo e Nobile della Repubblica e Città di Genova, e uno dei Signori, che furono
padroni dello Stato ed Isola di Chios ed altri luoghi adiacenti e nellisola nato il
13 settembre 1564, muore alletà di 67 anni.
I suoi tre figli avuti dalla moglie Eugenia Spinola: Giovanni Girolamo, Girolama e Porzia
erano tutti morti in giovane età, non avendo nipoti Giustiniani, aveva fatto testamento a
favore del fratello Cardinale Benedetto, che gli premorì il 27 marzo 1621, fratello e
maschio legittimo.
Rimasto senza eredi, il 22 gennaio 1631, con testamento olografo, istituiva erede
universale Andrea, figlio di Cassano, che con lui era fuggito da Chios nel 1566,
discendente dal Cardinale Vincenzo Giustiniani, fratello di sua madre, al quale la sua
famiglia gli era riconoscente per laiuto ricevuto per il trasferimento da Chios.
IL TESTAMENTO DI VINCENZO GIUSTINIANI
Nel detto testamento Vincenzo I stabiliva, fra laltro, che il suo erede universale,
e quegli che gli succederebbero nelleredità, pagassero
in perpetuo,
nel mese di gennaio, scudi 50 di moneta alli padri che offiteranno la Chiesa della Madonna
della Minerva nella quale è nostra cappella e sepoltura, affinchè detti
Padri celebrino delle messe per la salute dellanima mia e del Sig. Giuseppe mio
padre, e per lanima del Cardinale Benedetto Giustiniani, mio fratello, B.m. e per
lanima di tutti i discendenti del detto Signor Giuseppe mio padre.
Stabiliva altresì che lerede e i suoi successori pagassero, in quaranta anni, ai
Giustiniani di Genova 100 mila scudi, da investirsi in Luoghi di Monti in Roma, e che,
terminato il pagamento, i frutti si distribuissero fra i Giustiniani di Genova e Roma,
tranne 100 scudi, che dovevano essere nuovamenti investiti, acciocchè con il tempo
vada continuamente crescendo ed acquistando miglioramento per maggiore honore e benefitio
della Famiglia Giustinaini.
Chiamava inoltre sue erede universale e fedecommissario Andrea di Cassano, con
lobbligo di trasmettere il fedecommesso per ordine di primogenitura; estinta che
fosse la sua linea, chiamava il primo figlio di Cassano, dopo il detto Andrea, e in
mancanza di questo, il primo ultrogenito di Cassano, cioè il terzo e poi il quarto
fratello di Andrea, e così di seguito;
estinta questa prima linea, chiamava Gianfrancesco di Giuseppe di Genova, e, in mancanza
di questo:
voglio che succeda in tutta la mia heredità e successione e beni senza alcuna
denominazione come sopra, un mio prossimo parente da canto del Sig. Giuseppe Giustiniano
mio padre B.M., il quale sia della famiglia Giustiniani, iscritto nella civiltà e
nobilità di Genova, legittimo o naturale o legittimato per susseguente matrimonio come
sopra; ed i suoi discendenti maschi legittimi e naturali, ovvero legittimati per
susseguente matrimonio, serbato sempre il grado della primogenitura.
E finita ed estinta detta linea, voglio che in detta eredità e beni, senza alcuna
diminuzione o detrazione come di sopra, succeda e debba succedere uno della istessa casata
e famiglia dei Giustiniani della qualità sopra dette a me più prossimo da canto della
signora Geronima Giustiniana, mia madre, B.M., legittimo però e naturale e da legittimo
matrimonio procreato e nato, ovvero legittimato per susseguente matrimonio, come di sopra,
ed i suoi discendenti maschi legittimi, naturali, ovvero legittimati per susseguente
matrimonio, come di sopra, di primogenito in infinito.
E lultimo delli chiamati alla mia heredità e successione, come sopra, voglio che
possa nominare uno della casa e famiglia Giustiani, che parrà al detto ultimo maschio,
nel presente testamento da me chiamato, delle qualità e condizioni e nel modo e forma
come si è detto sopra, di primogenito in primogenito.
Serbato sempre lordine di primogenitura, finchè durerà la linea mascolina del
detto ultimo nominato, con le medesime facoltà ed autorità, che quello che resterà
ultimo possa nominare un altro che ad esso parerà, della casa e famiglia dei Giustiniani,
delle qualità e condizioni dette di sopra; il quale, e dopo sé la sua linea, e
discendenza mascolina legittima e naturale, o veramente legittimata per susseguente
matrimonio, lordine sopra detto di primogenitura succedano nel modo su detto in
tutta la mia heredità, e beni di cui sopra.
E questo modo di nominare e di succedere debba osservare sempre e ogni volta che
succederà il caso, finchè se ne troverà alcuno delle qualità e condizioni sopra dette,
della casata e famiglia Giustiniani, talmente che lultimo maschio che resterà della
linea e famiglia dei Giustiniani sia delle qualità e condizioni sopradette e succeda con
il medesimo modo e ordine di successione e di primogenitura detto sopra.
E perché potrebbe venire il caso che per trascurataggine o per altro accidente, che
potesse succedere, non si facesse tale denominazione e elezione dellultimo
superstite delle linee e discendenze della casata e famiglia Giustiniani suddette nel modo
che ho di sopra ho disposto e ordinato; però, volendo io provvedere - per quanto so e
posso che la mia heredità e beni restino in perpetuamente in detta casa e famiglia dei
Giustiniani, delle qualità suddette, mentre durerà e non sarà estinta: voglio, dico e
dichiaro che quando lultimo superstite, che in qualsivoglia linea pro tempore sarà
chiamato dalla detta casa e famiglia dei Giustiniani, non si facesse tale nominazione ed
elezione in tutti detti i miei beni senza alcuna diminuzione o detrazione, come sopra,
succeda e debba succedere il più prossimo del detto ultimo morto senza avere fatto detta
nominazione ed elezione del suo successore, purchè sia della casa e famiglia dei
Giustiniani e delle qualità sopradette.
Una particolare menziona fece per le sue opere darte
lintentione mia è che tutte le statue e tutti li quadri di pittura et altri come
sopra, che al presente sono e saranno nel punto della mia morte nel mio palazzo nel quale
abito et in altro ove io abitassi et che saranno negli mie giardini e nella mia terra di
Bassano et tutti gli altri che sarnno nelle botteghe de scultori o scalpellini o pittori
et in ogni altro luogo, restino per mia memoria perpetuamente e per ornamento del palazzo
e giardini miei come ho detto. E però voglio, ordino e comando che le dette statue
et quadri et altre cose di marmo e di metallo sodetti dal mio erede universale e da tutti
quelli che li succederanno nella mia eredità e fedeicomisso come sopra et come di sotto
dichiarerò, non si possano alienare in qualsivoglia modo né in tutto né in
parte
Nonostante questa sua disposizione alcuni pezzi di scultura furono venduti già nel
XVIII secolo. Una parte dei dipinti fu trasportata a Parigi e venduta nei primi
dellottocento quando per decreto del governo francese a Roma furono aboliti i
fedecommessi dal 1804 al 1814.
Nella prima parte del testamento il Marchese disponeva dei legati a favore dei parenti:
alla moglie Eugenia Spinola lasciò tutta la biancheria di casa, un letto con baldacchino
e finiture in damasco e quanto le spettava legittimamente per la restituzione della dote
di 22.000 scudi doro. Anche se Andrea cassano fece delle cause con la vedova per la
restituzione di alcuni gioielli e della sua dote.
Alla nipote Girolama Bandini, figlia della sorella Caterina, lasciò un vitalizio di 150
scudi, al nipote Nicolò Monaldeschi, figlio di sua sorella Angelica, lasciò
lusufrutto delle case di Pozzo delle Cornacchie; al nipote Camillo Massimi, figlio
di sua sorella Virginia, lasciò un legato di 50.000 scudi e nonostante che specificasse
che questo pagamento
lo debbano fare prontamente e con ogni facilità
perché detto signor Camillo Massimi possa liberamente e a suo piacere disporre quanto in
vita, quanto in articolo di morte tra Andrea Cassano Giustiniani e camillo II
(Carlo) Massimi, erede di Camillo morto nel 1640 intercorsero diverse e lunghe cause.
Altri legati furono destinati a Maurizio q. Giovanni ed a Vincenzo Giustiniani q. Antonio,
suoi esecutori testamentari, e ai domestici.
Tra le altre disposizioni del testamento era quella che lerede universale o i suoi
successori dovevano pagare per quaranta anni 2.500 scudi annui alla Congregazione e
Signori Governatori della famiglia, ossia allalbergo dei Signori Giustiniani di
Genova, fino a compiere la somma di scudi centomila; le singole rate e i loro
frutti, dovevano essere investiti nellacquisto di luoghi, di monti camerali o in
altro modo sicuro in Roma.
Passati i quaranta anni e versata interamente la suddetta somma doveva ripartirsi:
la metà dei suoi frutti annui più cento scudi doveva, in perpetuo, continuare ad essere
investita nei modi su accennati, per assicurare il continuo aumento del capitale (da qui
il nome di moltiplico).
Laltra metà meno cento scudi, doveva essere dispensata alla Congregazione dei
Governatori della Famiglia Giustiniani di Genova nel modo seguente:
la terza parte di detta metà, meno scudi cento, sia spesa a beneficio et honore
della Serenissima Repubblica di Genova a giudizio dei Governatori, i quali però non
potevano esser costretti a farlo, ma lo facciano perché gli lo ho ordinato con
questo mio legato, e solo fino a quando la famiglia Giustiniani avesse avuto la
solita parte nel Governo della Repubblica; diversamente, anche questa porzione dei frutti
doveva esser distribuita come segue:
le altre due terze parti voglio che siano libere della detta famiglia Giustiniani di
Genova, e che la Congregazione dei Governatori e di essa famiglia Giustiniani ne possino
disporre in quelle occasioni, et congiunture, che in coscienza loro giudicheranno essere,
e risultare di maggior beneficio et honore alla famiglia Giustiniani, et in usare cura con
le persone bisognose di essa.
Molti furono i legati alle Confraternite religiose. AllArciconfraternita della SS
Annunziata presso la Chiesa di Santa Maria della Minerva a Roma 250 scudi annui in
perpetuo. Legati minori ai Padri Zoccolanti, ai Gesuiti, ai Teatini, ai Carmelitani
Scalzi, allArciconfraternita del SS Crocifisso in S.Marcello, alla Congregazione di
S. Girolamo della carità, allOspedale della Madonna della Consolazione,
allospedale e compagnia di S.Giovanni Battista dei Genovesi, ai Padri Domenicani
della Minerva, alla compagnia dei SS Apostoli, alla Parrocchia di S. Eustachio,
allOspedale degli incurabili ed allOffizio dei poveri di Genova.
Il testamento proseguiva suggerendo lopportunità di soccorrere le persone povere
della famiglia dimoranti a Chios, di mantenere giovani adatti alle armi, o inclinati agli
studi, specialmente in Roma, o anche prelati così detti di mantelletto, con
una determinata somma mensile per aiuto di costa, rimettendo però alla
prudenza delli Signori di detta Congregazione della Famiglia Giustiniani, li quali secondo
le varietà de tempi, et la necessità delle varie occasioni si potranno governare, et
risolvere in sovvenire alle persone più bisognose della Famiglia, et altro che gli parrà
in proposito.
Menzione anche per la sua terra di Bassano dove raccomandava al suo eredi di completare la
chiesa di S. Vincenzo martire, spendendo 1.000 scudi annui affinché fosse finita, curando
di mantenervi tre cappellani, dei quali qualcuno fosse in grado di insegnare non solo la
dottrina cristiana, ma anche a scrivere e far di conto, e preferibilmente anche la
grammatica, a chiunque volesse, di Bassano, dei luoghi vicini o forestiero, gratuitamente.
Completata la Chiesa, lerede doveva spendere 1.000 scudi annui per venti anni nel
fabbricare un borgo con buon disegno e regole darchitettura oppure altre
fabbriche utili al popolo di Bassano.
Il Marchese inoltre istituì una dote per una giovane povera forestiera che volesse
stabilirsi a Bassano con il marito pure forestiero.
Il Marchese inoltre raccomanda ai suoi eredi di mantenere il patrimonio integro, curando
il rinvestimento annuale di una parte delle rendite, spendendo con moderazione e prendendo
ad esempio dalla persona del Signor Giuseppe mio padre, il quale nella perdita dello
stato di Scio et altre avversità si diportò con molta costanza e magnanimità e poi con
molta prudenza in tutte le sue attioni con molta riputazioni appresso alli principi et a
tutti gli altri e che provino ad imitare le sue curate attenzioni con le quali a tutti noi
ha lasciato stimolo et occasioni di provare dimitarlo e particolarmente
nellesquisita professione che egli fece di onestà nellessere e
nelloperare, dinviolabile osservanza nel promettere e nel contrattare e di
purissima verità nel parlare.
Sottolineava inoltre con orgoglio che a sua memoria nulla di quanto lasciava in eredità
era stato acquisito con modi illeciti e nemmeno accumulato con avanzi di entrate e
beni ecclesiasitici dei quali Giuseppe e Vincenzo Giustiniani erano stati per molti
anni depositari, ma che anzi la nostra casa è stata solita far comodi alla Sede
Apostolica et ultimamente a 6 dottobre dellanno 1629 prossimo passato e
seguito de scudi cinquanta milia moneta gratis et amore, per far cosa grata a nostro
Signore Papa Urbano Ottavo il quale gli ha fatti restituire a 23 di dicembre prossimo
passato dellanno 1630, e di più ho preso mille lochi de monti non vacabili del Sale
e Religione, seconda erettione, richiesto da Sua Santità.
Esecutori testamentari furono nominati Monsignor Bartolomeo Giustiniani, vescovo di
Avellino, il Signor Vincenzo Giustiniani q. Antonio, il padre Orazio Giustiniani, futuo
cardinale, il Signor Camillo Massimi, Monsignor Nicolò Monaldeschi, il Signor Luca
Giustiniani di Alessandro, il Signor Cassano Giustiniani q. Andrea, il Signor Maurizio
Giustinaini q. Giovanni ed i governatori della famiglia Giustiniani di Genova.
Trascrizione di alcuni
documenti storici della Famiglia Giustiniani reperiti nella Parrocchia di Bassano Romano
Si ringrazia per questo contributo il Dott. Domenico Vittorini di Bassano Romano
LE VICENDE TESTAMENTARIE FINO DAL 1631 AL 1741
Tanta dovizia nellelencare tutti i possibili casi di successione, non avrebbe mai
fatto pensare a possibili dispute.
Ma la storia andò diversamente. Il motu-proprio di Benedetto XIV del 28 marzo 1741, edito
dalla stamperia della R.C.A. porta notizia che terminato il pagamento di centomila scudi
dal testamento del Marche Vincenzo I stabiliti per formare il pio legato Giustiniani,
nellanno 1685 fu iniziata la distribuzione delle due terze parti della metà dei
frutti dalla Congregazione dei Governatori della famiglia Giustiniani di Genova, nella
maniera che ad essi sembrava risultare a maggior decoro ed onorificenze dei Giustiniani,
giusta la volontà del testatore.
Ma, pochi anni dopo, essendo venuta a Roma, da Messina, la marchesa Gregori-Giustiniani,
con altri con il nome della stessa famiglia, nacquero molte liti fra gli stessi e i
Giustiniani di Genova, circa la pretesa partecipazione al pio legato.
Contese riassunte poi e proseguite con maggiore fervore dal tribunale della Sacra Rota e
nella Congregazione del Concilio.
Dopo che nel 1695 lisola di Chios ricadde sotto limpero Turco Ottomano, molti
Giustiniani si rifuggiarono a Roma, altri a Genova e si riaccesero nuove contese,
specialmente dopo la perdita della Morea (vai al link sul Regno di Morea) nel
1718, quando alcuni Giustiniani fuggiti da Chios e li espatriati, furono nuovamente
forzati a fuggire a Genova o a Roma.
In tutte le suddette controversie, fu dibattuta principalmente la questione, se al
godimento del suddetto legato fossero unicamente chiamati i Giustiniani nati e dimorati in
Genova, ed attualmente iscritti nel libro doro di quella Repubblica; oppure si
dovesero intendere compresi anche i Giustiniani nati a Chios, o in altri luoghi, i quali
fossero iscritti nel detto Libro dOro, o almeno potessero discendere da progenitori
inscritti nel medesimo libro.
La Congregazione del Concilio e la Sacra Rota, considerata la volontà del testatore,
risolsero che dovessero essere ammessi alla partecipazione del legato anche gli altri
Giustiniani, i quali avessero due condizioni: di essere parenti del testatore e fossero in
apri tempo inscritti nel Libro dOro di Genova.
In sequela di queste risoluzioni furono ammesse alla partecipazione del Pio Legato i
discendenti di Raffaele di Saverio di Pietro, il quale sposatosi in Morea, e proveniente
da Chios, era intorno al 1718 venuto a Roma, dando luogo al un altro ramo della famiglia
Giustiniani.
Una pagina del Libro d'oro della nobiltà di Genova , in latino - Le
collezione antiche della Biblioteca Berio (Genova) -
Liber nobilitatis / serenissimae Reip. Genuensis / ad exemplar exactus, / quod in regio
palatio / diligentissime adservatur / ab anno 1576 ad annum 1757 / additis cuiusque
familiae / stemmatibus gentilitiis. / Tomus primus.
Cart.; sec. XVIII fine; mm. 350 x 245; cc. 18 n. num. + 285 num. orig. per pp. 560 essendo
contate p. 81 tre volte, p. 100 quattro volte, p. 101 due volte e omessa c. finale bianca.
C. 2 r., front. recante il titolo entro cornice ad acquarello, c. 3 r., stemma di Genova;
c. 4 r., riproduz. del grifo con noto motto; c. 5 r., stemma della Corsica sormontato da
corona reale . Bianche le cc. 115, 190, 243.
Stemmi acquarellati per ogni famiglia.
Leg. del sec. XVIII in marocchino rosso; cornice dorata a doppio filetto e fregi sui
piatti; dorso a sette nervi con decorazioni dorate a piccoli ferri; tagli dorati.
Esemplare appartenuto ai marchesi di Salsa, eredi dell'abate C.G.V. Berio e poi a un
membro dei Visconti di Dudley e Ward. All'interno del piatto ant. 1° ex- libris dei
marchesi di Salsa; 2° ex-libris dei visconti di Dudley e Ward; 3° ex- libris di Giuseppe
Buscaglia.
Acq. G. Buscaglia, 20 / 7 / 1982
Una prima sentenza ci fu il 7 ottobre 1720 da parte della Congregazione del Concilio,
deputata da Clemente XI, il quale era segretario il futuro Benedetto XIV, che confermava
la partecipazione al pio legato dei Giustiniani che rispettassero le due condizioni sopra
esposte.
Successivamente al ritorno di altri Giustiniani da Chios, vennero presentate delle
ulteriori istanze davanti a diversi giudici della Curia, per provare la loro discendenza
come sentenziato nel 1720.
Non essendo tutti i giudizi presentati dal medesimo giudice, il quale fosse conscio dei
molti ed esorbitanti assegni, che si andavano facendo ai Giustiniani di Chios, i
ricorrenti facilmente ottenevano lammissione alla partecipazione del pio legato,
diminuendolo in maniera considerevole, tanto da non poter più provvedere, come aveva
stabilito il testamento, neppure alle indigenze e allonorificenza e decoro della
famiglia Giustiniani di Genova, iscritta al Libro dOro, e senza dubbio considerata
nel testamento.
Per evitare ulteriori abusi, fu nominata una commissione nominata da Benedetto XIII, per
ricondurre tutte le controversie il 13 maggio 1724, e per istanza di alcuni interessati lo
stesso Benedetto XIII, ne nominò un'altra l11 marzo 1726.
Nonostante ciò non terminarono i litigi, tanto da costringere Benedetto XIII, ad avocare
a se tutte le liti e le cause, per terminarle con un motu proprio, nel quale ordinò il 7
gennaio 1729, che il pio legato dovesse essere distribuito ai soli Giustiniani di Genova,
esclusi quelli di Chios.
Dispose inoltre che i Luoghi di Monti spettanti al detto legato, per un frutto annuo di
scudi 4320, dovessero versarsi perpetuamente e sempre in Roma per il moltiplico, e dovesse
assegnarsi e distribuirsi una parte a quei Giustiniani di Chios, i quali in passato erano
stati ammessi a partecipare al legato stesso fin quanto in vita
Venuto meno Benedetto XIII, essendo stati trasferiti ai Giustiniani di Chios solo 1373,50
scudi, ci fu un nuovo ricorso di questi ultimi. Papa Clemente XII succeduto a Benedetto
XIII con motu-proprio del 7 gennaio 1729 annullò la precedente disposizione, reintegrando
il moltiplico come in origine, avocando ogni disposta a se e disponendo di dirimerle
secondo ragione di volta in volta.
MOTU PROPRIO DEL PAPA BENEDETTO XIV DEL 28 MARZO 1741
Continuarono senza sosta liti e cause, Benedetto XIV, con motu-proprio dal Palazzo
Apostolico di Montecavallo il 28 marzo 1741 stabilì quanto segue: Abbiamo
determinato di dare uno stabile e perpetuo provvedimento al suddetto Legato e moltiplico
sopra del quale noi, mentre eravamo in minor grado, abbiamo avuto occasione di giudicare,
e nello stesso tempo di dare un opportuno stabilimento, non meno per i Giustiniani di
Chios, che per la famiglia Giustiniani di Genova principalmente considerata per il
Marchese Vincenzo testatore, e ridurre le cose in maniera che resti ognuno egualmente
provveduto.
Avendo riportata la cedola di Motu-proprio per espresso e di parola in parola registrato
lintero tenore del testamento di detto Vincenzo Giustiniani, di tutte le
disposizioni delle predette sentenze, decreti e risoluzioni di detta Congregazione del
Concilio, dei predetti Motu-propri dei predetti Benedetto XIII e Clemente XII, nostri
predecessori, delle risoluzioni e decreti di detta Congregazione particolare sopra gli
interessi di detto Legato, e di qualsisiano altri decreti e sentenze, risoluzioni ed
ordinazioni di sopra indicate, ed ogni altra cosa, quanto si voglia necessaria di
esprimersi, di tutto da noi provveduto e maturatamente da noi considerato di nostro motu
proprio, scienza piena e pienezza della nostra suprema potestà ed autorità apostolica,
avocando a noi tutte le singole liti, cause e controversie decise e pendenti presso
qualsiasi giudice, Tribunale, Congregazione, anche dei Rev.mi Cardinali e quelle avocate
estinguendo perpetuamente, ordiniamo come in apresso.
Che la sentenza della Congregazione Particolare, come sopra emanata il 7 ottobre 1720, e
già passata in giudicato, in cui si dispone che siano compresi nel suddetto Legato i
Giustiniani di Chio non commoranti in detta città, i quali proveranno concludentemente
la loro discendenza della famiglia Giustiniani di Genova e per mezzo della loro
ascrizone al Libro doro di quella Repubblica, oppure dei loro progenitori, debba
unicamente e perfettamente eseguirsi ed osservarsi. Per il quale effetto noi ancora con
nostra suprema autorità, approviamo e confermiamo, e vogliamo che abbia sempre il suo
pieno vigore e perpetua esecuzione.
Che similmente debbano perpetuamente osservarsi le cedole di motuproprio, segnate dal
nostro predecessore Clemente XII, sotto il dì 18 gennaio e 10 marzo 1732, in quella parte
però in cui si dichiara messa la svincolazione dei Monti e trasporto del Moltiplico nella
città di Genova, con successiva, ordinata e già eseguita, reintegrazione dei Luoghi di
Monti passati nelle mani dei Rassegnatari di detti Monti; il pieno regresso per la
corrispondente quantità di detti Monti, contro il Rassegnanti loro debitori, onde possono
ritornare al possesso e dominio delle loro somme date in permuta e per prezzo di detti
Luoghi dei Monti rassegnanti, o esercitare altra azione contro i medesimi Rassegnanti che
loro de jure competere potesse.
Inoltre, per troncare ogni occasione di lite e controversia, e sopire tutte le cose
passate, con la presente cedola di motuproprio, confermiamo e approviamo tutti gli
assegnamenti fatti fino al presente, ed anche in qualche parte accresciuti ai Giustiniani
di Chio nominati ed espressi nel Foglio, che abbiano venduto e considerato, e che è
inserto in altra cedola di nostro Motuproprio, di segnarsi da noi per lesecuzione
della presente.
Ma perché, restando fermi detti assegnamenti, così come sopra accresciuti, resterebbero
quasi del tutto assorbite quelle terze parti della metà dei frutti destinati per annuale
distribuizione, e per conseguenza non potrebbe essere sovvenuta decentemente la numerosa
famiglia Giustiniani di Genova, e molto meno resterebbe luogo per pensare ad altre
sovvenzioni per il maggior decoro ed onorificenza della stessa famiglia, così
efficacemente desiderata dal testatore; perché interpretando noi nelle circostanze
presenti la volontà di esso testatore, e, quando faccia bisogno, derogando in questa
parte medesima, con la pienezza del nostra suprema potestà, ordiniamo che gli
assegnamenti da darsi come opera sopra ai Giustiniani di Chio, che costituiscono la somma
di annui scudi 2742, si debbano dedurre dalla parte dei frutti destinati per il Moltiplico
quella rata dei frutti, che sopravverranno, dedotti i suddetti assegnamenti. Con che però
la parte moltiplicata debba andarsi aumentando secondo che il tempo in tempo andranno
cessando detti assegni per morte degli assegnatari. Laltra parte poi dei frutti
destinati per la distribuzione con cento scudi meno, ordiniamo pure che debba
deliberatamente spettare alla Famiglia Giustiniani di Genova, per erogarsi e distribuirsi
dalla medesima e suoi Governatori pro tempore nella maniera ordinata dal Testatore, con
avere riguardo anche al maggior decoro e onorificenza della medesima famiglia.
Ordiniamo però anche noi si debba consegnare alla detta famiglia Giustiniani di Genova o
al di lei leggitimo Procuratore, tutta la somma depositata nel nostro Monte di Pietà, nel
conto a parte, ed anche tutta quella porzione residuale delle due terzi parti
distribuende, similmente depositata ed investita in Luoghi di Monti, liberamente, senza
vincolo di legato e moltiplico, affine di erogarsi detta somma dalla detta famiglia
Giustiniani, in conformità del suddetto testamento, non solo per la Repubblica, ma ancora
per così soccorrere al presentano bisogno dei Giustiniani di Genova, i quali per lo
spazio di anni otto sono rimasti privi della solita partecipazione e distribuzione, atteso
che non siansi curati di mai comparire, ne domandarla.
Si restituisce, come sopra, lamministrazione del suddetto motuproprio
allamministrazione della famiglia Giustiniani di Genova, e ai suoi governatori
protempore, non sarebbe data altra incombenza alla detta Congregazione Particolare, che il
giudicare nelle cause future sopra la prova della discendenza di quei Giustiniani, che
facessero istanza per essere ammessi alla partecipazione del Legato, e dopo essere stati
ammessi, di provvedere che conseguiscano senza ritardo le somme loro assegnate.
Perciò vogliamo che in luogo della detta Congregazione Particolare, sia e resti giudice
privativo la nostra Congregazione del Concilio, in cui intervengono ancora tutti gli
stessi Cardinali, che componevano detta particolare Congregazione; ed alla medesima
Congregazione del Concilio concediamo tutte le singole facoltà necessarie ed opportune,
ad effetto anche di decidere e risolvere se tali futuri assegnamenti secondo le
circostanze dei tempi e delle persone, debbano accrescersi o rispettivamente diminuirsi;
siccome ancora se debba, secondo parimenti le rispettive circostanze, farsi della parte
distribuenda o moltiplicanda, derogando anche in questa parte, quando faccia di bisogno,
alla volontà del Testatore.
Nessuno potrà giudicare diversamente o interpretare, ancorchè fosse uditore di Rota,
Reverendissimi Cardinali di S. Chiesa e legati a latere, togliendo ad essi ed a ciascuno
di loro facoltà di giudicato, o interpretare il contrario, irritendo o annullando e
dichiarando di niuna forza e vigore quel tanto, che sopra a ciò dai suddetti e da
qualunque altra persona scientemente o ignorantemente si facesse o si attentasse di fare
il contrario in quelle pratiche sono o potessero essere opposte o contrarie alle
disposizioni e ordinazioni da noi fatte e stabilite nella presente nostra cedola di
motuprorpio, e particolarmente quella segnata del di 1 novembre 1773, la regola della
nostra Cancelleria de Iure Questio non tollendo, e ogni altro decreto, costituzione o
ordinazione apostolica nostra e dei nostri predecessori, statuti, riforme, consuetodini ed
ogni altra cosa che facesse e potesse fare in contrario; alle quali tutte e singole,
avendone il tenore qui per espresso, e di parola in parola inserto, per la totale e piene
esecuzione di quanto si contiene in questa nostra cedola di motuproprio, ampiamente
deroghiamo.
Le disposizioni del Marchese Giustiniani e del suo fedecommesso furono eseguite, sebbene
con landare del tempo si sia cessato di investire la parte di frutti determinata dal
testatore; cessato lassegnamento alla Repubblica Genovese si continuò a distribuire
ai membri della famiglia a cura dei suoi governatori, tutti i redditi del lascito.
Questultimo dopo la liquidazione dei monti camerali compiuta nel 1796 a seguito
delloccupazione francese dello Stato Pontificio, rimase costituito, invece degli
originari Luoghi di monte, da beni stabiliti nel comune di Viterbo (feudo di Bassano e
altri) a cui si aggiunse successivamente un certificato di rendita impiegato poi
nellacquisto di Palazzo Giustiniani a Genova.
LA MORTE DI ANDREA GIUSTINIANI 13 NOVEMBRE 1826, SESTO ED ULTIMO MARCHESE GIUSTINIANI
DI ROMA
Ma qualche anno dopo alla morte di Andrea, il 13 novembre 1826, sesto principe in linea
retta del Marchese Vincenzo Giustiniani, senza figli maschi e senza disposizioni
testamentarie sorsero nuove contese tra gli eredi aventi diritto.
Alla morte di Andrea gli aventi diritto sarebbero stati i fratelli Giacomo, cardinale e
Lorenzo, Cavaliere professo di Malta, ma erano incapaci di succedergli per espressa
disposizione di divieto ai coloro che non potessero contrarre matrimonio.
Estinta la linea romana si passò alla linea di Genova con Lorenzo (misit germanum
fratem quintogenitum Marchionem Leonardum, ut pro se caeterisque fratibus ac linea
vindicaret primogenituram - Sacra Rota Romana 14 giugno 1839 - Romana
Manutentionis).
Il Cardinale Giacomo Giustiniani, si congratulava con Leonardo fratello germano di
Lorenzo, da Imola Sua sede vescovile con il chiamato a succedere alla nobile famiglia
Giustiniani.
Per evitare gli attacchi dei numerosi creditori di Andrea Giustiniani, Lorenzo Giustiniani
sostenne che il fedecommesso non era andato soggetto ne alla soppressione Francese, ne a
quella dellarticolo 139 del motuproprio di Pio VII, del 6 giugno 1816. Tesi che fu
accolta favorevolmente dalla Sacra Rota.
A questa sentenza fecero opposizioni i creditori di Andrea Giustiniani, ed il Tribunale
della Suprema Signatura accolse il ricorso e rimise la causa al Tribunale della Reverenda
Fabrica di S.Pietro che nel 1836 e con un ulteriore sentenza del 1838 ripristinava il
giudizio della Sacra Rota concedendo al Marchese Lorenzo Giustiniani la immissione in
specie delleredità.
Morti il Marchese Lorenzo e i suoi due fratelli Filippo e Carlo, leredità, ed il
contenzioso, passò al quarto fratello Gaspare nellagosto 1838.
Il 17 novembre dello stesso anno, moriva anche Gaspare senza prole e tutti i diritti
passarono a Leonardo Giustiniani il quale otteneva il 26 novembre 1838 il pieno possesso
con la clausola dummodo possessio sit vacans. Il 28 novembre Leonardo
Giustiniani prendeva possesso di Palazzo Giustiniani a Roma, ma vi trovò i mandatari del
Cardinale Giacomo Giustiniani che ne avevano preso possesso per conto del Cardinale
stesso.
La lite tra il Cardinale e Leonardo Giustiniani durò tre anni, nei quali il Cardinale
stesso ottenne anche dalla Sacra Rota di poter succedere al fratello Andrea anche se
ordinato sacerdote, ma morì proprio nello stesso anno nel 1841 riaprendo di nuovo il
contenzioso.
Si presentò allora a chiedere la primogenitura il Marchese Pantaleo Vincenzo Giustiniani
di Genova. Come dimostra lalbero genealogico già nellarchivio della consulta
Araldica che dimostra che era figlio di Stefano, di Raffaele che da Chio aveva portato la
famiglia a Roma nel 1718, e del quale attraverso Giuseppe, Paolo, Vincenzo e Fabio e
discendente Beatrice Giustiniani prima attrice nel giudizio conclusivo del 1958 di cui
parleremo più diffusamente in seguito.
Pantaleo Giustiniani ottiene il Principato e gran parte del fedecomesso. Nel 1854, lo
stesso Pantaleo vende il feudo di Bassano al Principe Odescalchi.
Morto Pantaleo, non si presentò nessuno per la concessione dovendo intendersi erede senza
contrasti il figlio di lui Alessandro.
In questa fase interviene la famiglia Bandini di Roma.
Giustiniani Bandini e Giustiniani di
Genova
IL CONTENZIOSO TRA I BANDINI DI ROMA E I GIUSTINIANI DI GENOVA
Il 13 gennaio 1863 con dispaccio del Ministero dellinterno del Regno dItalia,
i Bandini chiedeno di assumere come cognome proprio Bandini Giustiniani.
Nello stesso mese qualche giorno dopo 1863 Sigismondo Bandini, nato nel 1818 da Carlo e
Cecilia Giustiniani (unica figlia di Vincenzo Giustiniani, duchessa di Mondragone e
contessa di Newburg), fece istanza a Pio IX, perché in vista unicamente dei meriti che
gli venivano da parte del padre e della madre, si degnasse di alzarlo a Marchese e
Principe .
Listanza di Sigismondo Bandini era la seguente:
Beatissimo Padre,
Il Marchese Sigismondo Bandini-Giustiniani figlio del Marchese Carlo Bandini e della
Principessa Donna Cecilia Giustiniani, oratore e suddito della Santità Vostra, se esso
riguarda al ramo paterno vedasi appartenente ad una famiglia ricca di personaggi illustri
per cariche e per gesta miliatri.
Parimenti, se riguarda il lato materno, trovasi unico figlio maschio dellunica
figlia del Principe Don Vincenzo Giustiniani; loratore è altresì erede di tanto
dellEminentissimo Cardinale e Principe Don Giacomo, quanto del Cav. Dott. Lorenzo,
fratelli Giustiniani; ossia, circa il lato materno loratore trovasi lunico
rampollo della linea romana di tanto insigne famiglia.
In vista di ciò loratore si fa ardito di supplicare la Santità Vostra, affinchè
si degni di conferigli il titoli di Principe Romano, per sé e per i suoi discendenti, in
infinito, onde la famiglia sua conservi il lustro, che hanno goduto gli antenati.
Pio IX con Breve del 17 gennaio 1863, accoglieva listanza per i motivi esposti. Il
Breve del Pontefice comunque non dice Giustinini-Bandini ma il viceversa
Bandini-Giustiniani e asserisce che il Marchese Sigismondo Bandini ha aggiunto
(adieceris) e non premesso al suo il cognome del Cardinale Giacomo Giustiniani.
Il principe Alessandro Giustiniani intentò tutta una serie di ricorsi sia nei tribunali
Pontifici sia con il Regio governo. Affinchè inibissero ai Bandini luso del cognome
e dello stemma Giustiniani.
Il Tribunale di Roma diede ragione ai Bandini, la Corte dAppello con sentenza del 3
aprile 1886 diede ragione ad Alessandro, la Suprema Corte di Cassazione nel 1887 cassava
la sentenza dellappello, per aver giudicato in eccesso rimettendo tutto alla Corte
dappello di Ancona, la quale confermava la sentenza del Tribunale di Roma favorevole
ai Bandini ai quali consentiva luso del cognome Giustiniani e dello stemma e
condannava lattore alle spese, per non avere egli interesse alla lite.
Da evidenziare che nellistanza dei Bandini al Papa Pio IX, come poi è confermato
dal Tribunale della Corte dAppello di Roma, Sigismondo non chiede alcun predicato al
titolo, né quello di Bassano, né quello di Giustiniani. Il Papa ha dunque conferito ai
Bandini il titolo Principesco senza predicato.
Se è appunto il predicato che individua e specializza il titolo Principesco concesso ai
Bandini non ha nulla a che vedere con quello dei Giustiniani.
Ciò rimane fermo fino al 17 gennaio 1866. Quel giorno il Principe Bandini riceveva un
dispaccio dal Pontificio Ministero dellinterno, con quale comunicava che, dietro sue
reiterate domande, il Papa gli permetteva il rango che spettava ai Principi Giustiniani.
questo era il testo del dispaccio:
Riferitasi dal sottoscritto Ministero dellInterno alla Santità di Nostro
Signore, nelludienza di questa mattina, listanzia di V.E. sul competente
rango, in seguito allonorevole titolo di Principe Bandini Giustiniani (e non
viceversa), conferito con breve apostolico segnato il 27 gennaio 1863, Sua Beatitudine si
è degnata di dichiarare, che ha riconosciuto consentaneo al tenore ed allo scopo del
citato Breve, che lE.V. ed i suoi primogeniti discendenti maschi abbiano a godere
del rango e degli onori personali, che si appartenevano alla famiglia Principessa
Giustiniani.
Per richiedere reiteratamente questa conferma si può dedurre che il Principe Sigismondo
Bandini non sapeva ancora di essere Principe Giustiniani, è infatti proprio dopo quel
dispaccio che assunse il cognome Giustiniani, inquartando nel suo stemma anche lo stemma
Giustiniani.
Ma il Principe Bandini divenne allora Principe Giustiniani, tanto da poter assumere
lottavo posto nellalbero dei Principi di questa casa? (come da lui annunziato
con un inserzione sul il Giornale di Roma del 1 aprile 1863 e poi anche su
La Libertà del 25 luglio 1875)
I tribunali richiesti a decidere in quale modo hanno risposto?
Il Principe Sigismondo Bandini preponendo al suo cognome Giustiniani con ripetuti atti sia
pubblici che privati si adoperò e fece di tutto perché fosse realmente creduto il
Principe Giustiniani, ma latto Pontificio di Pio IX non poteva far si che se nel
1863 fosse stato vivo un Giustiniani, il quale in forza del testamento del marchese
Vincenzo I, e del più volte citato breve di Innocenzo X che innalzava a Principe il
Marchese Vincenzo Giustiniani e da lui trasmissibile nellordine e nel modo stabiliti
nel suo testamento, debba partecipare alla sua nobiltà., avesse avuto il diritto a
succedere nel Principato, questo passasse in mano a chi non ne avesse diritto.
Le Bolle Pontificie infatti ricordano sempre la notissimo Bolla de iure quaesito non
tollendo. Il privilegio è concesso in qunato si suppone vero quello che è esposto
nella domanda. La frase si vera sunt exposita va sempre sottolineata.
L11 gennaio 1880 Alessandro Vincenzo Giustiniani cita in giudizio il Principe
Sigismondo Bandiniper aver usurpato il cognome dei Giustiniani e assunto lo stemma
gentilizio di questi ultimi, e dopo aver conseguito dal Somma Pontefice Pio IX, nel 1863,
il titolo di Principe Romano per sé e per i suoi discendenti maschi, di essersi fatto
credere, specialmente nellanteporre lusurpato cognome Giustiniani, essere egli
lerede delle prerogative, del rango e degli onori personali della casa principesca
dei Giustiniani e quale ottavo nella serie dei Principi di questa famiglia.
In sostanza si chiede soltanto che i Bandini smettano il cognome Giustiniani e lo stemma
della famiglia e non che non debbano succedere nel Principato Giustiniani e del suo
patrimonio.
Il tribunale di Roma nel 1881 e la Corte di Ancona nel 1889 risposero non spetta
allattore il diritto allazione (articolo 48 del Regio Codice Civile
dallora).
Per esercitare lazione per ottenere riparazione ad un diritto violato necessitano
due condizioni: il diritto e la violazione dello stesso. Se il diritto non esiste, la
violazione non è possibile.
Di conseguenza la prima ricerca che si presenta alla Corte è per quale diritto acquisito
il Marchese Alessandro Giustiniani di Genova può dolersi che il Principe Bandini abbia
anteposto il suo cognome a quello dei Giustiniani e inquartato lo stemma. Non di certo
dallidentità del cognome, già diffuso oltre che a Roma e Genova anche a Venezia.
Non di certo dalle relazioni di parentela con la Famiglia Giustiniani di Roma distante
ventidue gradi, ben oltre i dieci per cui è andata estinta la famiglia per mancanza di
eredi e condizioni necessaria per rivendicare il cognome e lo stemma.
Se non cè parentela entro il decimo grado, si è estranei ai Giustiniani di Roma.
La Corte non entra quindi nel merito della controversia perché la causa cade fin
dallinizio non avendo titolo il Marchese Alessandro a partecipare, ciò quindi non
esclude che la stessa azione sia possibile qualora si presenti un Giustiniani, il quale
abbia un grado di parentela entro i dieci gradi con Andrea Giustiniani morto il 13
novembre 1826.
La sentenza quindi non riguarda ne lede i diritti dei terzi.
Dallesame di tutta questultima controversia risulta comunque incontestabile la
sopravvivenza del fedecommesso Giustiniani alle Leggi francesi di soppressione e al
Motuproprio di Pio VII del 6 luglio 1816.
Purtroppo i beni del fedecommesso piano piano scemavano sia per i prelevamente sia per la
mala gestione, tanto che alla fine del 1800 restava solo il Palazzo Giustiniani di Piazza
S.Luigi dei Francesi che fu venduto nel 1898 dai Governatori della Famiglia Giustiniani di
Genova alla Massoneria Italiana del Grande Oriente per poco più di mezzo milione di lire
dellepoca quando era stimato per oltre due milioni.
IL CONTENZIOSO GIUSTINIANI DAL 1889 AL 1958
A seguito dei dissensi tra i Gisutiniani di Roma e di Genova, con ricorso del 14 novembre
1927 i Marchesi Benedetto e Aldo Giustiniani chiedevano al Tribunale di Genova il
sequestro giudiziario dei beni costituenti il lascito.
Al sequestro aderirono anche i Governatori della famiglia Marchesi Mario, Giovanni e
Francesco e che chiedevano anche la liquidazione del patrimonio, in quanto trattavasi di
ente fedecommissorio e quindi soppresso ai sensi della Legge 13 aprile-14 giugno 1798
dalla Repubblica Democratica Ligure e dalla Legislazione vigente dellepoca.
Il Tribunale ordinò il sequestro dei beni e nominava un curatore.
I Giustiniani di Roma (N.B. Emma ed Eugenia Giustiniani e N.B. Beatrice Giustiniani fu
Fabio), chiesero allo stesso Tribunale la continuazione dei riparti che erano stati
sospesi e ne chiedevano anche deduzioni in merito allirregolare amministrazione dei
suddetti beni da parte dei Governatori di famiglia Genovesi.
Il Tribunale con sentenza del 17 maggio-7 giugno 1929 riunite le cause, ne confermava il
sequestro, ne autorizzava la continuazione dei riparti come chiesto dai Giustiniani di
Roma, ma respinse la richiesta, deputandola tardiva, della chiamata in causa di altri
membri della famiglia Giustiniani e sulle questioni di merito circa la natura del lascito
e alla sua liquidazione.
A tale sentenza ricorse in appello il su citato Marchese Francesco, governatore della
famiglia Giustiniani.
Con disposizione della Corte di Appello di Genova dell11 aprile 1930, si ordinava
che il giudizio fosse integrato con la chiamata in causa di tutti i membri della famiglia
Giustiniani, rimettendo le parti avanti ai primi giudici per lulteriore corso.
La causa venne ripresa dalla N.D. Beatrice Giustiniani con citazione del 27 gennaio 1933
con lintegrazione di numerosi membri della famiglia Giustiniani che chiedevano di
essere ammessi in giudizio.
In merito alla liquidazione del fedecommesso residuo ci furono delle divisioni
allinterno della famiglia. Fondamentalmente in merito al fatto se poteva reputarsi
ancora ammesso il fedecommesso o abolito per disposizione della Legge 2 dicembre 1797
La N.D. Beatrice Giustiniani, indipendentemente dagli esiti circa la liquidazione o meno
del fedecommesso prese posizione circa lesistenza di una convenzione del 24 aprile
1815 tra i rami di Genova e di Roma per regolare le proporzioni in cui essi dovevano
concorrere ai riparti ed in forza di tale convenzione si doveva sostituire le disposizioni
testamentarie del Marchese Vincenzo Giustiniani, anche perché fino ad allora la
partecipazione ai riparti non era equamente distribuita tra i due rami ma maggiormente ai
Giustiniani di Genova i quali inoltre ne avevano anche lamministrazione.
Proprio per provare anche una mala gestione di questi Governatori Genovesi della famiglia
quanto meno per i riparti delle somme, la N.D. Beatrice Giustiniani richiese inoltre la
rendicontazione del fedecommesso dal 1894 al momento della richiesta (1933). Altri
Giustiniani si unirono a tali richieste.
I Giustiniani di Genova daltro canto chiesero che nellambito della stessa
causa qualora venisse ordinata la divisione dei beni del fedecommesso si procedesse anche
a dividere i beni indivisi appartenenti al solo ramo di Genova derivati dal patrimonio
famigliare dellantica corporazione o albergo dei Giustiniani, che di fatto avrebbe
continuato ad esistere di fatto anche dopo la soppressione di tali enti decretata dalla
Repubblica Democratica Ligure con la costituzione del 2 dicembre 1797.
Con sentenza del 27 giugno-13 agosto 1941 il Tribunale di Genova provvedeva alla riunione
di tutte le cause e che il lascito disposto dal Marchese Vincenzo Giustiniani con suo
testamento del 22 gennaio 1631, costituisce una fondazione famigliare ai sensi
dellarticolo 26 u.p. del Codice Civile dellepoca.
Il Tribunale inoltre dimanda al curatore del fedecommesso sequestrato di produrre:
un elenco dettagliato di tutti i beni mobili ed immobili con lindicazione delle
provenienze, dei vincoli e dei pesi da cui siano eventualmente gravati,
una relazione su sistemi in uso per lerogazione delle rendite e dei riparti,
Un elenco nominativo degli attuali partecipanti a dette erogazioni in modo continuativo e
con lammontare delle somme a ciascuno assegnate
Un conto sommario dellamministrazione dei beni a partire dal 1 gennaio 1899 dei beni
lasciati dal Marchese Vincenzo Giustiniani fino alla data del sequestro giudiziario con
lindicazione delle persone che ne hanno ricoperto la carica di Governatori.
A tale sentenza ricossero varie parti per vari motivi: ripristino del riparto da chi si
riteneva ricompreso nella comunione e non ne aveva usufruiti, richiesta di divisione del
patrimonio.
A complicare le vicende ci fu anche la parziale distruzione dei vari archivi Giustiniani
per gli eventi bellici.
La Corde dAppello con sentenza del 5 dicembre 1950 - 19 maggio 1951 comunque
statuiva, in parziale riforma della sentenza di primo grado, tenuto fermo il sequestro del
1929, conferma che il patrimonio costituisce una comunione famigliare e ne accoglie la
divisione come a più riprese richiesto dal Marchese Francesco Giustiniani e altri.
Il Giudice istruttore con ordinanza disponeva la consulenza tecnica al fine soprattutto di
accertare quali siano gli attuali membri della comunione famigliare dei Giustiniani.
La consulenza fu affidata al Marchese Raimondo dOria Colonna che la depositava il 18
giugno 1954.
La causa veniva discussa e emessa il 30 giugno 1958.