La figura di Pompeo Giustiniani, spicca nella seconda metà del
Cinquecento durante la guerra tra l' Austria e Venezia che prese il nome di Guerre
Gradiscane.
Nel 1613, alla vigilia della Guerra contro lAustria, Venezia si assicurò le gesta
del famoso condottiero, Pompeo Giustiniani (olim Arangio), il quale, aveva combattuto con
Ambrogio Spinola nella Guerra di Fiandra al servizio degli Imperiali.
Pompeo Nasce nel 1569 ad Ajaccio in Corsica dal ramo Giustiniani degli Arangio era figlio
di un ufficiale Genovese e zio di Raffaele Giustiniani che raccolse una leva mercenaria di
soldati Corsi nel 1572 per conto di Venezia.
Pompeo Giustiniani fu ufficiale a servizio presso la corte di Spagna si distinse
nella guerra di Fiandra.
Dopo aver combattuto al soldo di Spagna, in Fiandra, fin dall’età di quattordici anni, Giustiniani tornò nella sua isola d’origine fra il 1597 e il 1602,
nominato fra i commissari che affiancavano il governatore genovese nell’amministrazione della Corsica.
A questo periodo si lega la sua attività a Bonifacio, attestata dall’interessante epigrafe della Porta di Genova. Tornato a combattere nelle Fiandre,
a seguito di una ferita nell’assedio di Ostenda perse il braccio destro, sostituendolo con una protesi che gli valse il soprannome di “Braccio di Ferro”
da un membro del consiglio di guerra del Re Filippo II. Le sue gesta furono
narrate in un racconto tradotti in più lingue nel 1609. Governatore della Frisia
per conto della Corona Spagnola La Repubblica di Venezia, intenzionata di avvalersi di un così valente, tenace ed astuto condottiero, nel 1614 riuscì ad assoldarlo dopo una difficile trattativa, nominandolo Maestro di Campo. La guerra tra Venezia e l’Arciduca d’Austria, in Friuli e nelle regioni vicine era ormai alle porte.
In un primo momento rinuncia allofferta Veneziana proposta dal suo ambasciatore di
2.000 ducati, ma cresciuto il compenso si lascia convincere.
Porta con lui a Venezia i suoi figli e quattro ufficiali corsi. Le cronache narrano che
sia il generale spagnolo Spinola che larciduca Alberto d'Austria si dolsero molto di
privarsi del suo contributo.
Nel marzo 1614 quando viene a prendere le sue nuove consegne è accolto con tutti gli
onori dal doge Antonio Memmo. Divenuto comandante delle truppe di Candia trovi molti
genovesi e corsi a suo servizio.
Fu la Guerra Gradiscana, che fra il 1615 ed il 1617 vide le operazioni militari dirette principalmente alla presa della fortezza di Gradisca, in mano agli Austriaci, che diede il nome al conflitto. Giustiniani condusse la guerra con valore, contro un avversario che combatté con convinzione,
ma si trovò spesso in gravi difficoltà per le invidie e le ingerenze di altri comandanti e politici Veneziani, che in un certo momento lo fecero minacciare di rinunciare all’incarico.
Nella guerra con lAustria è ricordato per la sua
avanzata in Istria.
La prima avanzata nel territorio goriziano dell’esercito veneto vide un primo, fallimentare assedio a Gradisca, abbandonato alla vigilia della Pasqua del 1616. Per superare l’impasse, Giustiniani passò al contrattacco, riconquistando delle posizioni strategiche sui colli fra Gorizia e Gradisca: il forte di Lucinico, il castello di Vipulzano, oggi in Slovenia, e in direzione di Gradisca il forte di Farra, sul Monte Fortin, dove diresse personalmente l’assedio
Durante la stessa guerra nel 1615, la sua armata è colta, sulle rive
dell’Isonzo,da una grave epidemia. Chiede aiuti per superare il fiume e
riprendere la sua marcia alla testa di 5000 uomini di cui 500 corsi. Arrivato
dinanzi a Gorizia, la cinge d’assedio. Fedele al suo modo di operare, che lo portava fino in prima linea per conoscere i luoghi e le situazioni, il 10 ottobre 1616 in una ricognizione veniva ferito alla schiena da un colpo d’arma da fuoco e, portato al campo di Lucinico, vi moriva il giorno dopo, accanto al Colonnello dei Corsi, Pietro Paolo Ornano, al quale ribadì la sua fedeltà alla Repubblica di San Marco.
L’Arciduca d’Austria, saputa la notizia, si rammaricò molto del fatto che una guerra così marginale per gli equilibri dell’epoca, fosse costata la vita ad un condottiero di quel valore. La guerra si concluse nel 1617 con grave danno per i territori dove venne combattuta ma senza vincitori, né modifiche territoriali, mentre le trattative per definire il confine si protrassero per oltre un secolo.
Il senato di
Venezia dispose i massimi onori per i suoi funerali. Fu costruito un monumento funerario
nella chiesa Santissimi Giovanni e Paolo dove fu inumato in presenza di doge e dei suoi
principali esponenti della città. Si tratta di una statua equestre sormontata dal leone
di San Marco fiancheggiato di due statue che rappresentano la forza e la prudenza. Vi
appare anche un epitaffio che celebra i suoi fatti di armi ed il blasone dei Giustiniani.
Alla morte di Pompeo Giustiniani la famiglia emigra a Vicenza dove si stabilisce Raffaele
Antonio figlio di Pompeo. Raffaele Antonio Giustiniani commissionò all'architetto Antonio
Pizzocaro la progettazione del palazzo di famiglia di Contrà San Francesco (ultimato nel
1656), abitato dai Giustiniani fino alla estinzione del ramo vicentino nel 1812 con la
morte di Pompeo. Il palazzo passò poi in eredità a Michelangelo Zorzi di Matteo, figlio
di Pompea Giustiniani e nipote ex sorore di Pompeo, e ai suoi discendenti Zorzi
Giustiniani che lo vendettero ai primi del '900 a Marco Baggio, direttore dell'omonimo
Collegio. Dopo la chiusura del Collegio Baggio, il palazzo passò all'Ospedale Civile di
Vicenza e, da ultimo, è stato acquistato dalla Fondazione Cariverona, che ha
terminato il restauro nel 2011. Importanti documenti della famiglia Giustiniani (olim Arangio) sono
reperibili presso l'Archivio di Stato di Venezia, l'Archivio diocesano di Vicenza e
l'Archivio di Torre (Archivio del Comune di Vicenza) attualmente custodito dalla
Biblioteca Civica Bertoliana. Quello che rimane del disperso archivio di famiglia
(smembrato in occasione delle varie divisioni ereditarie) è conservato dai discendenti
degli Zorzi Giustiniani.
La famiglia Zorzi (poi Zorzi Giustiniani), ramo della omonima famiglia veneziana, è
antica famiglia della nobiltà vicentina, residente a Vicenza dal XV secolo, come si
ricava dalla documentazione dell'Archivio di Torre concernente l'ammissione della famiglia
nel Consiglio Nobile dei 500 e quindi nel Consiglio dei 150 della città berica e da tutta
la bibliografia di storia locale e dai repertori araldici(dal Marzari al Tommasini, dallo
Schroeder al Rumor) e dai molteplici manoscritti araldico-genealogici conservati in
Bertoliana.
Parte dei documenti riguardanti i Giustiniani di Vicenza sono stati donati nel 1963 dal
conte Giangiorgio Zorzi Giustiniani all'Archivio di Stato di Vicenza ("carte
Caldogno"). Tali carte erano conservate nel disperso archivio della famiglia
Chiericati di Vicenza, pervenuto ai Zorzi Giustiniani per eredità materna (Francesca
Chiericati Salvioni). Dello stesso archivio facevano parte le carte Biego e Chiericati
donate da Giangiorgio alla Biblioteca Civica Bertoliana di Vicenza .
Lapide commemorativa con la data del 1598 che ricorda la costruzione del ponte levatoio
(a sinistra), attribuita a Pompeo Giustiniani a Bonifacio in Corsica
Paleologo Oriundi Federico, ha scritto nel 1914, un libro su Pompeo
Giustiniani, generale della Serenissima Repubblica di Venezia. Il raro documento
narra della guerra del Friuli orientale agli inizi del Seicento e della figura del grande
condottiero Giustiniani, Corso di nascita. Le interessati notizie sono tratte da documenti
originali inediti. Il volume contiene anche un ampio elenco dei nomi degli ufficiali che
presero parte alla guerra.
Dal sito dell’enciclopedia Treccani :
Dizionario biografico degli Italiani, è presente la biografia di
Pompeo Giustiniani (Ajaccio nel 1569 – Lucinico l'11 ott. 1616)
Palazzo Baggio Giustiniani - contrà San Francesco, Vicenza Vicenza
L’edificio, fu commissionato da Raffaele Antonio Giustiniani
patrizio Genovese, figlio di Pompeo “braccio di ferro” che arrivò a Vicenza dopo
la morte in battaglia del padre, ed ordinò la costruzione del palazzo, che venne
ultimato nel 1666 dall’architetto vicentino Antonio Pizzocaro. L'apparato decorativo
è opera dei pittori Giulio Carpioni e Giovanni Ghisolfi.
Il palazzo è conosciuto con il nome "Baggio-Giustiniani" per aver ospitato il
Collegio fondato da Marco Baggio, il quale aveva prima preso in affitto e poi
acquistato l’edificio dalla famiglia Zorzi-Giustiniani ai primi del Novecento.
Successivamente è entrato nella proprietà dell'Ospedale Civile di Vicenza e poi alla
Fondazione Cariverona che ne ha curato nel 2009-2011. Le fasi del restaurato e
una breve storia del palazzo è stato pubblicato in un
volume cura di Fernando Rigon intitolato “Palazzo Baggio
Giustiniani”.
Il Palazzo restituito al suo splendore, ospiterà la sede
della Fondazione Progetto Ematologia con i suoi laboratori di ricerca nel campo delle malattie ematologiche, sviluppo d’eccellenza dell’attuale Dipartimento per le “Terapie cellulari e l’Ematologia” dell’Ospedale San Bortolo
di Vicenza. Nelle sale della parte centrale del palazzo trovereranno posto i
cinquemila volumi del fondo librario di famiglia, donato dalle sorelle Daniela e Cecilia Carreri alla Fondazione Cariverona, proprietaria dell’edificio, che qui ha trasferito gli uffici vicentini.
RAPHAEL IUSTINIANUS
PATRICIUS GENUENSIS
MAGNUM REFERENTIS PONPEIUM
POMPEI FILIUS
SIBI SUIS URBI
FUNDARI HASCE MANDAVIT AEDES
SALUTIS ANNO MDCLIVX
VOLITANTE DECEMBRE
Come attesta l’iscrizione sopra il portale d’accesso al palazzo, committente della fabbrica fu Raffaele Giustiniani - figlio di Pompeo Giustiniani - che aveva raccolto una leva mercenaria di soldati Corsi nel 1572 per conto di Venezia. Alla morte di Pompeo, la famiglia Giustiniani emigrò a Vicenza, dove si stabilì Raffaele Antonio. Il palazzo realizzato dall'architetto Antonio Pizzocaro fu ultimato nel 1656 e abitato dai Giustiniani per cinque generazioni fino alla estinzione del ramo vicentino nel 1812 con la morte di Pompeo (che nel 1805 aveva fatto ristrutturare il palazzo).
da sinistra: il cortile interno,
la facciata esterna, particolare della loggia interna, ingresso dal giardino
Nel volumetto pubblicato per l’occasione dalla Fondazione, lo storico Luca Trevisan, già autore dell’esaustivo volume sul Pizzocaro scrive: «Una lunga facciata spoglia e disadorna caratterizza il fronte impettito del grandioso “Casamento”, risolta nelle linee di un’architettura austera e “severa” cara ad Antonio: un prospetto dal tono militaresco che non dovette rinunciare a un verosimile rapporto dialettico con gli esiti architettonici curati dal Nostro, in quegli anni, dagli spogli immobili dei quartieri della fanteria di cui aveva provveduto sino al 1651».
il salone principale con gli affreschi e gli stucchi
L’intervento di restauro, che ha escluso azioni invasive, è iniziato nel settembre 2007 ed è terminato nell’aprile 2010. Il progetto dell’intervento e la direzione artistica sono stati affidati agli architetti Paolo e Chiara Balbo di Vicenza. L’appalto se l’è aggiudicato l’Impresa di Costruzioni Edili De Facci Luigi Spa di Vicenza.
In primis, sono state effettuate sistematiche e certificate indagini (ben 150 saggi in profondità solo per le indagini statiche). Poi, in base alla previsione di un funzionale riuso del palazzo «i problemi più ardui che si sono dovuti affrontare – rivelano gli architetti Balbo, padre e figlia - ottemperando anche alle prescrizioni della L. 13/1898, sono stati quelli relativi all’introduzione degli impianti meccanici e degli ascensori senza farli interferire con la spazialità e gli apparati freschivi delle sue stanze. I problemi statici sono stati risolti con l’ingegner Giuseppe Piccioli. In sostanza, il restauro si è articolato nella rimozione degli intonaci cementizi (interni ed esterni); nel consolidamento delle strutture portanti e sostituzione dei solai lignei; nel risanamento delle murature dall’umidità; introduzione di nuovi impianti meccanici ed elettronici con il progetto dei corpi illuminanti sia interni ed esterni; nel rifacimento dei pavimenti interni “alla veneziana” e di quelli esterni; riqualificazione del parco; infine si è provveduto al restauro conservativo degli intonaci e degli stucchi dell’importante apparato pittorico».
Gli ambienti interni del “bel Palagio” sono ornati da cicli di affreschi succedutisi nei secoli e logorati dal tempo e dall’umidità oltre che dall’incuria e da impropri interventi. Questo apparato decorativo «è dovuto ad una committenza prestigiosa e del tutto inedita del contesto locale, quella dei Giustiniani - come sottolinea la sopraintendente Chiara Rigoni nella pubblicazione sopracitata. Si deve a Franco Barbieri la prima importante valutazione critica degli affreschi del piano nobile. Lo studioso ha posto in relazione questo ciclo pittorico con il vasto apparato decorativo, ispirato a tematiche classiche e mitologiche, realizzato da una schiera di artisti foresti nel prestigioso palazzo Trissino rinnovato tra il 1661 e il 1667, da Antonio Pizzocaro (…). Nell’edificio sono documentati tra il1661 e il 1664 i bresciani Giambattista Gattucci e Giuseppe Arringhi, entrambi quadraturisti, e lo stuccatore intelvese Giambattista Barberini, e il milanese, ma di cultura romana, Giovanni Ghisolfi, l’artista di maggior spicco, cui spetta il ruolo più rilevante nell’impresa (…). Egli realizza qui gli affreschi del salone d’onore dove inscena una vigorosa rappresentazione con la Caduta dei Giganti, oggi perduta, e un importante ciclo con l’Apoteosi della famiglia Trissino emblematicamente rappresentata dall’aquila, solo in parte sopravvissuto. Da ultimo, dopo il 1664, nella decorazione intervenne il veneziano Giulio Carpioni, capofila della corrente classicista e all’epoca il pittore più apprezzato e ricercato a Vicenza».
I suoi affreschi si possono oggi ammirare nella “Stanza Carpioni”, mentre nella “Stanza di Pitagora” e nella “Stanza delle Metamorfosi” e nella “Stanza di Alessandro Magno” si trovano i fregi di Ghisolfi.