A destra la lapide ricorda la committenza del cardinale Giustiniani, titolare
della chiesa, che fece decorare il presbiterio e l'abside, cancellando i
resti del primo intervento del 1456, risalente a papa Callisto III. Come
ricorda l'epigrafe, l'iniziativa si inquadra nell'ambito dei lavori avviati
in vista del giubileo del 1600.
Nell'area della chiesa di S.Prisca la tradizione pone il più antico culto cristiano
dell'Aventino, quel titulus Aquilae et Priscillae, genitori di Prisca, martire del I
secolo, del quale sarebbero stati ospiti S.Pietro e S.Paolo. La chiesa mutò il titolo
proprio quando fu ritrovato e qui deposto il corpo della martire sotto papa Eutichiano nel
III secolo d.C. Il Fonte battesimale posto in un piccolo battistero nella navata destra,
è ottenuto dalla parte concava di un capitello che la leggenda vuole che S.Pietro avrebbe
utilizzato come fonte battesimale; dal 1948 vi è posto sopra un bronzo di Antonio Biggi
raffigurante il Battesimo di Gesù.
La tradizione del battesimo da parte di Pietro completa la “memoria apostolica”: Paolo vi avrebbe dimorato, in alternativa alla domus alla Regola, e Pietro avrebbe svolto qui il suo ministero, celebrando l’eucaristia per una delle più antiche comunità cristiane di Roma e battezzandovi Prisca. Alla valorizzazione della memoria apostolica dell’Aventino è collegata anche la più cospicua presenza di testimonianze araldiche presenti nell’edificio sacro e nella sua cripta, realizzata e affrescata per permettere ai pellegrini di giungere più da vicino al sottosuolo che, agli occhi degli ecclesiastici deputati alla custodia, conservava verosimilmente le memorie cristiane tra le più antiche dell’Urbe.
Se la presenza degli apostoli in questo luogo sia solo
frutto di una leggenda è cosa incerta: cosa certa, invece, è che questa domus Priscae
fu uno dei maggiori centri di predicazione ed evangelizzazione cristiana, visto che anche
S.Paolo parla spesso di questa ecclesia domestica come centro di raccolta delle riunioni
cristiane.
La chiesa è antichissima: a giudicare dalla disposizione di tipo basilicale e
dagli avanzi della chiesa primitiva, sembra risalire addirittura al III secolo d.C. La
chiesa fu poi restaurata da Adriano I nel 772 e dai Benedettini nel 1062. Dopo vari altri
restauri (nel 1084 fu devastata dai Normanni di Roberto il Guiscardo), la chiesa acquisì
l'aspetto attuale nel 1600 per merito di Carlo Lambardi e su commissione del Cardinale Benedetto Giustiniani, cardinale del titolo presbitoriale tra il 1599 e il 1611.
Proprio l’episodio del battesimo sopra citati, è stato uno dei più valorizzati in occasione del giubileo del 1600. La riscoperta e la promozione delle memorie paleocristiane dell’Urbe,
centro della cattolicità, assumeva un ruolo nella polemica antiprotestante. Tra le grandi sintesi storico-erudite di quegli anni vanno segnalati in particolare proprio gli
Annales del
cardinale oratoriano Baronio, in rapporto con il Giustiniani.
La chiesa presenta una semplice ma elegante facciata barocca, stretta tra gli edifici che
ne fiancheggiano la breve rampa d'accesso. La facciata è percorsa da due coppie di lesene
in laterizio su plinti e con capitelli ionici in travertino. Tra le quattro lesene si
trova il bel portale affiancato da due antiche colonne di granito e sormontato
dall'oculus, inquadrato da una bella cornice marmorea. Sopra all'iscrizione che ricorda il
cardinale Benedetto Giustiniani è situato un timpano triangolare, sormontato dalla croce.
La chiesa conserva ancora, parzialmente incorporate nei pilastri barocchi, le bellissime
14 colonne originarie dell'antico corpo basilicale (nella foto a destra). Nell'abside
stanno gli angeli sostenenti medaglioni e la pala dell'altare maggiore con S.Pietro che
battezza S.Prisca, dipinta, nel 1600, da Domenico Cresti detto il Passignano.
È merito della professoressa Daniela Gallavotti Cavallero aver illustrato la centralità della figura di san Pietro nel ciclo di affreschi commissionati da Giustiniani a Santa Prisca.
A completamento dei riferimenti iconografici petrini, già puntualmente rilevati dalla studiosa. Sul catino absidale dove l’affresco che rappresenta attualmente sant’Agostino,
frutto di una maldestra ripittura collocabile tra XIX e inizi del XX secolo, soppianta certamente l’immagine originale di un san Pietro in cattedra al quale rinviano chiaramente
i simboli papali retti da angeli: la tiara, la ferula pontificale e le chiavi petrine.
Restano da indagare i motivi della presenza di due santi identificati dalla studiosa con san Benedetto e sant’Antonio abate. Il primo sarebbe stato «scelto in quanto santo eponimo del committente», il cardinale Benedetto Giustiniani; per il secondo Gavallotti Cavallero non trova motivazioni abbastanza ovvie. In realtà, il secondo santo non è identificabile con Antonio, bensì con il riformatore benedettino Giovanni Gualberto (995-1073), santo fondatore della riforma di Vallombrosa. La figura, infatti, è rappresentata con l’abito monastico vallombrosano, recante in mano il bastone a forma di tau con due manici terminanti nelle caratteristiche protomi leonine, che è poi la ferula araldica rappresentata anche nell’arme dei Vallombrosani. Il richiamo è al primitivo progetto del cardinale Giustiniani di insediare a Santa Prisca una comunità di Vallombrosani. Naufragato tale progetto, Giustiniani chiamò a risiedere a Santa Prisca gli Agostiniani della congregazione osservante di Lombardia, presenti a Roma dal XV secolo in Santa Maria del Popolo. Dopo l’impegnativo lavoro di restauro del luogo sacro, era naturale che il cardinale Giustiniani assicurasse, ai fedeli e ai pellegrini dell’anno giubilare, la cura del culto divino attraverso una presenza stabile, monastica ovvero religiosa, che garantisse il decoro del luogo sacro.
Dalla navata destra, infine, si accede, attraverso una scala, ad una serie di ambienti
meravigliosamente conservati, rinvenuti grazie agli scavi compiuti sotto la chiesa negli
anni 1933-6. Qui è possibile ammirare uno dei più interessanti mitrei romani, ricavato
alla fine del II secolo d.C. all'interno di un edificio più antico, databile intorno al
95 d.C. Si pensa che l'edificio vada identificato con i Privata Traiani (la casa abitata
da Traiano prima che divenisse imperatore) ma questa era anche l'area occupata dalle Terme
Surane, di conseguenza si potrebbe ipotizzare anche come l'abitazione di Licinio Sura.
Adiacente a questa, fu rinvenuta una seconda casa, ipotizzata come quella appartenuta ai
coniugi Aquila e Priscilla, nell'ambito della quale fu costruita un'aula a due navate
nella quale si potrebbe riconoscere il titulus di cui abbiamo già accennato all'inizio di
questo documento. Il mitreo, violentemente distrutto nel 400 d.C., poco prima della
costruzione della chiesa, probabilmente dagli stessi cristiani, si presenta con un'aula
stretta e lunga, lungo le pareti della quale corrono i due banconi dove sedevano gli
iniziati e sopra i quali si possono ancora notare, seppur molto rovinate, le pitture
raffiguranti una "processione di iniziati", al termine della quale è
raffigurato il "patto di alleanza" tra Mitra e il dio Sole, sdraiati a banchetto
in una grotta e serviti da due personaggi, uno dei quali con la testa di corvo. Sulla
parete di fondo dell'aula è situata una grande nicchia (nella foto a sinistra) nella
quale è rappresentato, oltre all'immagine di Mitra che uccide il toro, un grande Saturno
sdraiato, il cui corpo è realizzato con anfore, poi coperte di stucco. Sul lato a
sinistra della nicchia vi è un grande graffito: probabilmente si tratta di un fedele, il
quale afferma di essere nato (ossia rinato dopo l'iniziazione) il 21 novembre del 202
d.C., una data che ci permette di stabilire che in quell'anno il mitreo già esisteva.
Il titolo di Santa Prisca è un titolo cardinalizio eretto nell'anno 112 ad opera di papa San
Evaristo in onore di Santa Prisca che, per tradizione, é ritenuta la prima donna in
Occidente a testimoniare col martirio la fede cristiana. Sempre secondo questa la santa fu
uccisa nella persecuzione di Claudio e sepolta poi nelle Catacombe di Priscilla. Dall'VIII
secolo si cominciò ad identificare la santa con la moglie di Sant'Aquila, cosicché il
titolo originario venne modificato in "Titulus Aquililae et Priscae".
Dal 1599 al 1611 Vi fu titolare il Cardinale
Benedetto Giustiniani. che rifece la facciata nel 1600 (Anno Santo), la cui
iscrizione è ancora visibile oggi.
Novità documentarie su Santa Prisca in età barocca.
L’attività architettonica di Carlo Lambardi e di Carlo Fontana di Salvatore Enrico Anselmi
Roma segreta: Santa Prisca
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