ALLE RADICI DELLA STORIA DEI MUSEI NAZIONALI: IL COLLEZIONISMO ROMANO DEL SEICENTO
Un filo rosso collega l'Europa dei grandi musei nazionali alla realtà collezionistica
del seicento romano. Una parte consistente del patrimonio artistico oggi conservato in
Gallerie e Pinacoteche di tutto il mondo (come la National Gallery di Londra, il Louvre di
Parigi, gli Staatliche Museen di Berlino, l'Ermitage di San Pietroburgo, la galleria
Nazionale d'Arte antica di Roma) viene prodotta, raccolta, e allestita per la prima volta,
a Roma dall'inizio del Seicento, quando prende piede fra la nobiltà l'uso di "parare
i palazzi compitamente cò i quadri". Molte di queste aristocratiche collezioni di
dipinti (e di sculture) subiscono una parziale o totale dispersione tra la fine del XVIII
secolo e il XIX secolo (Barberini, Mattei, Ludovisi, Borghese, etc.) quando l'aristocrazia
romana, stremata dalle tasse napoleoniche, è costretta, per bisogno di liquidità, a
vendere gli oggetti d'arte in loro possesso. Fra le più gravi perdite per la città di
Roma vi è la collezione di Benedetto e Vincenzo Giustiniani, venduta in più tappe tra il
Settecento e l'Ottocento e che ebbe tra i primi acquirenti Lucien Bonaparte e poi il re di
Prussia, Federico Guglielmo III.
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