Vincenzo Giustiniani, marchese di Bassano, aveva depositato un testamento il 12 giugno
1621, qualche tempo dopo la morte del fratello cardinale Benedetto, avvenuta il 27 marzo
1621; successivamente aveva aggiunto a quel testamento dei codicilli (il 16 dicembre 1621,
il 5 giugno 1624, il 22 dicembre 1629). Da un documento del 22 gennaio 1631 (ASC, Archivio
Urbano, sez. I, prot. 342, f. 89r) apprendiamo che, dieci anni più tardi, quel testamento
ed i codicilli furono ritirati e sostituiti con il testamento definitivo (Tipografo
Lorenzo Grignani, Roma 1640). Dal testo stesso si evince che il marchese aveva - in un
primo testamento a noi non noto - nominato erede universale proprio il fratello cardinale
Benedetto; questo testamento era stato evidentemente sostituito nel 1621, alla morte del
cardinale, ponendo erroneamente la morte di Benedetto nel 1624, propone una diversa
interpretazione degli atti citati). L'originale autografo del documento del 1631,
depositato negli atti del notaio Demofonte Ferrini, si trova in ASC, Archivio Urbano, sez.
I, prot. 343 (fogli non numerati). Altre due copie, anch'esse autografe, sono conservate
in ASR, Fondo Giustiniani, b. 16; copie successive furono redatte in occasioni diverse,
poiché nel testamento stesso si richiedeva che fosse esibito ad ogni successione (cfr.
ASR, Fondo Giustiniani, bb. 2, 4, 10). Proprio per questo motivo ne fu curata nel 1640
l'edizione a stampa, della quale si conservano numerose copie (ASR, Giustiniani, bb. 4,
132; una seconda stampa fu effettuata nel 1667, tipografo Nicolò Angelo Tinassi, cfr.
ASR, Giustiniani, b. 27). Vincenzo Giustiniani, trovandosi all'età di 67 anni senza eredi
legittimi, in quanto i tre figli avuti dalla moglie Eugenia Spinola, Giovanni Girolamo,
Girolama e Porzia erano morti in tenera età, non avendo nipoti Giustiniani, essendo il
cardinale Benedetto il suo unico fratello maschio legittimo, decise di nominare erede
universale Andrea Giustiniani, probabilmente in quanto discendente del cardinale Vincenzo
Giustiniani, fratello di sua madre, al quale la sua famiglia era riconoscente per l'aiuto
ricevuto al momento del trasferimento da Scio a Roma. In questo testamento il marchese
Vincenzo istituì il fedecommesso secondo il quale i suoi eredi, in linea rigorosamente
maschile, non potevano in alcun modo alienare i beni ereditati alla sua morte. Una
menzione speciale il marchese dedicò alle sue collezioni: "...l'intentione mia è
che tutte le statue e tutti li quadri di pittura et altri come sopra, che al presente sono
e saranno nel punto della mia morte nel mio palazzo nel quale abito et in altro ove io
abitassi et che saranno negli miei giardini e nella mia terra di Bassano et tutti altri
che saranno nelle botteghe de scultori o scalpellini o pittori et in ogni altro luogo,
restino per mia memoria perpetuamente e per ornamento del palazzo e giardini miei come ho
detto. E però voglio, ordino e comando che le dette statue et quadri et altre cose di
marmo e di metallo sodetti dal mio erede universale e da tutti quelli che li succederanno
nella mia eredità e fideicomisso come sopra et come di sotto dichiarerò, non si possano
mai vendere, né alienare in qualsivoglia modo né in tutto né in parte...".
Nonostante queste disposizioni, tuttavia, alcuni pezzi della collezione, soprattutto di
scultura, furono venduti già nel XVIII secolo, mentre una parte della collezione di
dipinti fu trasportata a Parigi e venduta ai primi dell'Ottocento (vedi i saggi di
Capitelli e di Vogtherr in questo catalogo; quando, per decreto del governo francese a
Roma, i fedecommessi furono aboliti dal 1804 al 1814. Nella prima parte del testamento il
marchese stabilì alcuni legati in favore dei parenti: alla moglie Eugenia Spinola lasciò
tutta la biancheria di casa, un letto con baldacchino e finiture di damasco e quanto le
spettava legittimamente per la restituzione della dote di 22.000 scudi d'oro (ASR, Fondo
Giustiniani, b. 5, fasc.14); in verità proprio a queste disposizioni fece seguito una
serie di cause intentate dall'erede Andrea Giustiniani nei confronti della vedova per la
restituzione dei gioielli e della dote (ASR, Fondo Giustiniani, bb. 5, 14, 26, 28, 30, 31,
41, 58). Alla nipote Gerolama Bandini, figlia della sorella Caterina, lasciò un vitalizio
di centocinquanta scudi; al nipote Nicolò Monaldeschi, figlio di sua sorella Angelica,
lasciò l'usufrutto delle case al Pozzo delle Cornacchie; al nipote Camillo Massimi,
figlio di sua sorella Virginia, lasciò un legato di cinquantamila scudi, e nonostante il
marchese specificasse che "questo pagamento [...] lo debbano fare prontamente e con
ogni facilità [...] perché il detto signor Camillo Massimi possa liberamente e a suo
piacere disponere tanto in vita, quanto in articolo di morte" tra Andrea Giustiniani
e Camillo II (Carlo) Massimi, erede di Camillo, morto nel 1640, intercorsero cause che si
protrassero per molti anni (ASR, Fondo Giustiniani, b. 2, fasc. 36; b. 4, fasc. 20; b. 5,
fasc. 51; b. 8, fasc. 35; b. 24, fasc.10; b. 26, 28, 29; DANESI SQUARZINA [2001]). Altri
legati erano destinati a Maurizio q. Giovanni ed a Vincenzo Giustiniani q. Antonio, suoi
esecutori testamentari, e ai domestici. Di particolare interesse sono i legati in favore
di istituzioni religiose, in quanto permettono di comprendere a quali ambienti il marchese
fosse più vicino. Al primo posto sono senz'altro la Congregazione o Albergo dei
Giustiniani di Genova, alla quale Vincenzo destinò centomila scudi, da versare a rate di
duemilacinquecento scudi annui, e l'Arciconfraternita della SS. Annunziata presso la
chiesa di S. Maria sopra Minerva di Roma, alla quale furono legati duecentocinquanta scudi
annui in perpetuo. Legati più modesti il marchese destinò ai Padri Zoccolanti, ai
Gesuiti, ai Teatini, ai Carmelitani Scalzi, all'Arciconfraternita del SS. Crocifisso in S.
Marcello, alla Congregazione di S. Girolamo della Carità, all'Ospedale della Madonna
della Consolazione, all'Ospedale e Compagnia di S. Giovanni Battista dei Genovesi, ai
Padri Domenicani della Minerva, alla Compagnia dei SS. Apostoli, alla Parrocchia di S.
Eustachio, all'Ospedale degli Incurabili ed all'Offizio dei poveri di Genova. Attenzione
particolare fu rivolta dal marchese alla sua terra di Bassano, raccomandando al suo erede
di completare la chiesa di S. Vincenzo martire, spendendo mille scudi annui finché fosse
finita, curando poi di mantenervi tre cappellani, dei quali qualcuno fosse in grado di
insegnare non solo la dottrina cristiana, ma anche a scrivere e far di conto, e
preferibilmente anche la grammatica, a chiunque volesse, di Bassano, dei luoghi vicini o
forestiero, gratuitamente. Completata la chiesa, l'erede doveva spendere mille scudi annui
per venti anni nel fabbricare un borgo "con buon disegno e regole
d'architettura" oppure altre fabbriche utili al popolo di Bassano,. Il marchese
istituì inoltre una dote per una giovane povera e forestiera che volesse stabilirsi a
Bassano con il marito pure forestiero. Interessanti sono anche le raccomandazioni che
Vincenzo Giustiniani rivolgeva ai suoi eredi, affinché il patrimonio fosse mantenuto
integro, curando di reinvestire annualmente una parte delle rendite, spendendo con
moderazione e prendendo esempio "dalla persona del Signor Giuseppe mio padre, il
quale nella perdita dello Stato di Scio et altre avversità si diportò con molta costanza
e magnanimità e poi con molta prudenza in tutte le sue attioni con molta riputatione
appresso li principi et a tutti gli altri e che provino imitare le sue curate attioni con
le quali a tutti noi ha lasciato stimolo et occasioni di provare d'imitarlo e
particolarmente nell'esquisita professione che egli fece di onestà nell'essere e
nell'operare, d'inviolabile osservanza nel promettere e nel contrattare e di purissima
verità nel parlare". Inoltre Vincenzo ricordava con orgoglio che, a sua memoria,
nulla di quanto lasciava in eredità era stato acquisito con modi illeciti e nemmeno
accumulato "con avanzi d'entrate e beni ecclesiastici", dei quali Giuseppe e
Vincenzo Giustiniani erano stati per molti anni depositari, ma che anzi "la nostra
casa è stata solita far comodi alla Sede Apostolica et ultimamente a 6 d'ottobre
dell'anno 1629 prossimo passato e seguito de scudi cinquanta milia moneta gratis et amore,
per far cosa grata a Nostro Signore Papa Urbano Ottavo il quale me gli ha fatti restituire
a 23 di decembre prossimo passato dell'anno 1630, e di piu ho preso mille lochi de monti
non vacabili del Sale e Religione, seconda erettione, richiesto da Sua Santità".
Esecutori testamentari vennero nominati: monsignor Bartolomeo Giustiniani, vescovo di
Avellino, il signor Vincenzo Giustiniani q. Antonio, il padre Orazio Giustiniani, futuro
cardinale, il signor Camillo Massimi, monsignor Nicolò Monaldeschi, il signor Luca
Giustiniani di Alessandro, il signor Cassano Giustiniani q. Andrea, il signor Maurizio
Giustiniani q. Giovanni ed i governatori della famiglia Giustiniani di Genova. (Testo di
Luisa Capoduro)