(Roma, 1785 - Roma, 1839) Soprano italiano. Allieva del castrato Girolamo Crescentini,
venne scritturata molto giovane per la cappella particolare di Napoleone I. Gli
avvenimenti politici di quegli anni la costrinsero poi ad espatriare in Inghilterra, dove
debuttò al Teatro Haymarket di Londra nel 1817. Dapprima si esibì in
"Penelope" di Cimarosa, poi si fece apprezzare nelle "Nozze di Figaro"
e in "Don Giovanni" di Mozart, nonché in "Agnese" di Paër. Debuttò
alla Scala il 26 dicembre 1818 come Sesto nella mozartiana "Clemenza di Tito",
proseguendo poi con ruoli spesso scritti espressamente per lei: nella prima assoluta di
"Gianni di Parigi" di Morlacchi, il 30 maggio, ne "Il finto Stanislao"
di Gyrowetz, e ne "Il barone di Dolsheim" di Pacini. Il 26 dicembre si esibì
nella prima di "Bianca e Faliero" (Bianca) di Rossini accanto a Carolina Bassi e
Claudio Bonoldi. Tornò a cantare in Inghilterra dove rimase fino al 1823, ottenendo
soprattutto lusinghiere affermazioni nelle rossiniane "Gazza ladra" e
"Otello". Dopo il ritiro dalle scene, ricomparve in pubblico nel 1827, ancora
con pieno successo, ad Ancona in "Ricciardo e Zoraide", sempre di Rossini.
Maritatasi al nobile Giustiniani, tentò di riaffermarsi a Londra al fine di riprendere
l'attività, ma lo schiacciante confronto con Maria Malibran la indusse a rinunciare
definitivamente alla carriera. Di fatto, come Stendhal ebbe modo di confermare, la
Camporesi fu una cantante di stampo settecentesco, molto attenta al fraseggio, al
vocalizzo ed alla coloratura, ma piuttosto indifferente ai problemi dell'interpretazione
drammatica. Se ciò poteva essere un vantaggio in era neoclassica, si rendeva
intollerabile in tempi romantici. La si ricorda altresì come una cara amica di Giuditta
Pasta.
La ricca corrispondenza pervenutaci di Violante Giustiniani è stata oggetto di un libro a
cura di di Irene Palombo e Mauro Tosti-Croce edito a cura della Viella edizioni nella collana
la memoria restituita.
Un epistolario inedito ci permette di delineare la figura di una grande soprano del primo
Ottocento, apprezzata da Stendhal e amica di Giuditta Pasta, i cui contorni erano finora
rimasti in larga parte oscuri. Si tratta di una serie di lettere, indirizzate da Violante
Camporese Giustiniani allamministratore pontificio monsignor Nicola Nicolai,
attraverso le quali è possibile ricostruire non solo le tappe di una brillante carriera
internazionale tra Parigi, Londra e Milano nel segno del grande repertorio
mozartiano e rossiniano ma anche il percorso privato di una nobildonna che,
costretta dalle circostanze a esercitare la professione teatrale, prende consapevolezza
della dignità del suo nuovo ruolo, acquisendo una piena indipendenza economica e una
interiore libertà personale. La storia della protagonista, tra preoccupazioni quotidiane
e trionfi teatrali, finisce così per configurarsi come la parabola di una donna che, pur
attenta a non infrangere il codice comportamentale dellepoca, perviene, in un lungo
percorso di autorealizzazione, ad una identità femminile del tutto peculiare, in cui la
dignitosa compostezza dellaristocratica si coniuga con la seducente immagine
dellartista. l'epistolario della famosa cantante lirica Violante Camporese
Giustiniani che fra Sette e Ottocento lavorò nei teatri parigini e londinesi, la quale
soffrì una sorta di dramma di coscienza perché in Italia e soprattutto a Roma era
proibito alle donne esibirsi sul palcoscenico.
Da gentildonna a cantante. Lettere di Violante Camporese Giustiniani. A cura di Irene Palombo e Mauro Tosti-Croce
in: La memoria restituita. Collana di fonti per la storia delle donne diretta da Marina Caffiero e Manola Ida Venzo.Vol.3. Roma, Viella ed., 2008